Radio Onda d'Urto descrive perfettamente non solo il personaggio ma anche il modo di agire dell'uomo padre-padrone
Venerdì 30 settembre è morto, a 91 anni, Bernardo Caprotti. Padre, padrone e inventore di Esselunga e tra i primi a concepire la grande distribuzione in Italia.
Poco si racconta in queste ore delle
politiche trasformative che la gestione patriarcale dell’azienda ha
creato e generato dentro e fuori le mura dei supermercati con la Esse
maiuscola.
Caprotti ha rappresentato il modello preferito dell’imprenditoria per i poteri forti:
patriarcato, padrone/lavoratore, impresa basata sul modello della
piccola impresa a gestione famigliare. Amico di Berlusconi e
simpatizzante di Renzi, negli anni ha costruito la più grande impresa
sul territorio metro-lombardo, con 22mila lavoratori assunti.
Caprotti ha sempre detto che nelle sue
aziende “non servono i sindacati perchè ai dipendenti ci pensa il
padrone”. E così Esselunga ha sempre battagliato contro i sindacati ed
il sindacalismo, anche se i sindacati, confederali, denunceranno
l’azienda per comportamento anti-sindacale solo nel 2005/2006.
Un esempio su tutti: l’allora “L’Unità” del 27 marzo 2003 scriveva “All’Esselunga
c’è di tutto, tranne i diritti. Nei supermarket di Caprotti,
sostenitore di Berlusconi, solo il sito Internet è al passo coi tempi.
Nella più grande catena italiana di distribuzione, i lavoratori vivono
in una condizione simile a quella degli anni Cinquanta”
Caprotti ha sempre represso tutto ciò che usciva dai binari della relazione patriarcale lavoratore/padrone. Come dire se si era pronti ad accettare le regole di Esselunga allora si aveva un padre come padrone. Se no…si stava lontani.
Esselunga è stata vera anticipatrice dei tempi in materia di flessibilizzazione e precarizzazione nel mondo del lavoro.
Tramite il contratto del commercio ha ottenuto orari flessibili dei
negozi arrivando a chiudere alle 23.00 oppure a tenere aperto nei
festivi.
Ha costruito un orario di lavoro, per
gli assunti, che minimizzasse gli incontri informali all’interno
dell’azienda (pause scaglionate, ingressi ed uscite diffuse) per evitare
che ci fosse un confronto tra lavoratori e quindi si potessero generare
coalizioni di “classe” contro l’azienda nel confronto tra le diverse
forme di assunzione o retribuzione.
Generare condizioni ad personam, creando
una sorta di welfare aziendale è stata una delle ultime “invenzioni” di
Caprotti, rompendo così l’unità della forza lavoro e facendo digerire
orari e superamento dei diritti collettivi. Con tutto ciò
Esselunga ha generato un vero e proprio modello, prima copiato dalle
altre aziende e poi, oggi, superato dalle normative del settore, ancora
più precarizzanti.
Esselunga negli ultimi anni non ha
sostanzialmente cambiato il modello di lavoro. Così ora, per assurdo,
viene considerata uno dei luoghi di lavoro nella grande distribuzione
che garantisce le condizioni meno umilianti per i suoi dipendenti. Dopo
aver stressato le maglie del diritto dei contratti di lavoro, Esselunga
si è sostanzialmente fermata, presa più dalle beghe interne agli eredi
di Caprotti, e ha lasciato il passo alle altre grandi catene che hanno
continuato a sperimentare nuove forme di sfruttamento del lavoro. Un
esempio su tutti: Carrefour, che ha portato il tempo di lavoro alle 24
ore su 7 giorni, come avviene ora anche a Brescia sul supermercato di
via Crocifissa di Rosa.
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