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sabato 25 luglio 2020

NUOVO SITO DI RIFONDAZIONE COMUNISTA PADERNO DUGNANO


RIFONDA ANCHE TU SI RINNOVA!



Il nuovo sito di Rifondazione Comunista è in questo 

link: https://rifondazionepadernodugn.altervista.org.

Nel sito sarà possibile entrare nel "vecchio blog" per rivedere i vecchi post cliccando
sull'icona "Vai al vecchio sito" 

giovedì 11 giugno 2020

11 giugno 1984. Muore Enrico Berlinguer






DI  · PUBBLICATO IL  · AGGIORNATO IL 
36 anni fa, l’11 giugno 1984, Enrico Berlinguer moriva a seguito dell’ictus che quattro giorni prima l’aveva colpito durante il tristemente noto comizio di Padova, rimasto nella memoria collettiva non solo di chi quel 7 giugno lo vide improvvisamente accasciarsi sul palco di Piazza della Frutta, salvo poi riprendere il suo discorso.
Nonostante l’ictus che l’aveva colpito, Berlinguer portò infatti a termine il suo discorso, tornò quindi in albergo e qui si addormentò entrando in coma.
Non riprenderà più conoscenza. Di famiglia nobile di origini catalane, era nato a Sassari il 25 maggio 1922, un anno dopo la fondazione del Partito Comunista Italiano di Antonio Gramsci, sardo come lui.
“L’Unità”, lunedì 11 giugno 1984

“Enrico è morto” ci telefona una voce rotta e lontana. Sono trascorse 90 ore da quando in redazione arrivò la notizia del male che colpì Berlinguer e fermammo la rotativa per rifare, nella notte, il giornale con un annuncio terribile in un titolo nero, più nero degli altri. 90 lunghe ore vissute con ansia, come in tutte le nostre sezioni, come in tante famiglie.
Eppure sembra che sia sempre lo stesso giorno. E in questo giorno lungo è come se avessimo fatto un solo giornale con Berlinguer che parla e muore a Padova, e le sue parole arrivano a tutti e alla sua morte assistono tutti. Milioni di donne e di uomini hanno atteso i bollettini medici, hanno sperato, si sono attaccati ad ogni appiglio intravisto tra le difficili parole vergate dai medici che continuavano a ripetere un amaro messaggio.
La gente semplice di questo tormentato paese ha infatti avvertito il venir meno di un punto di riferimento forte e sicuro per la guida dell’Italia, per una sua rigenerazione morale, per la sua sicurezza democratica.
Ma questo hanno avvertito anche esponenti del mondo politico e della cultura di diverso orientamento, uomini che reggono responsabilità pesanti nel governo del paese ed uomini che a questo governo si sono opposti con risolutezza o con incertezze. Insomma, la Nazione tutta ha avvertito il pericolo che ai tanti vuoti già esistenti se ne possano aggiungere altri.
Il significato più profondo di questa perdita è stato riassunto del Presidente della Repubblica sia attraverso le sue dichiarazioni sia attraverso le espressioni del suo volto forte e dolente.
Eppure, nel momento in cui raccogliamo la notizia che ormai non era inattesa, avvertiamo che in queste ore qualcosa è mutato nel profondo delle coscienze e nei convincimenti degli italiani. Berlinguer, nelle ore della sua agonia, ha tragicamente ma fortemente riproposto valori essenziali che ognuno ha sentito nella propria coscienza prima ancora che nella mente. I valori, cioè, propri della battaglia politica, intesi come valori morali, civili, come la essenza stessa dell’uomo che si ritrova con altri uomini per ricercare e conquistare la pace, la giustizia, la libertà, la felicità di tutti e di ciascuno.
Con la sua morte, richiamando l’attenzione di milioni di uomini proprio su questi valori, oggi unanimemente ricordati, Berlinguer ha dato il suo ultimo grande contributo alla democrazia italiana. E si tratta di un apporto eccezionalmente drammatico se pensiamo agli ultimi anni della sua vita spesi in una lotta – non sempre compresa – contro il degrado della vita pubblica, la degenerazione dei metodi di governo, l’imbarbarimento della lotta politica.
Egli avvertiva con ansia e lucidità che tutto questo contribuiva a fare accumulare una carica esplosiva, suscettibile di far saltare l’impianto stesso della Repubblica. E le sue arditezze e le sue prudenze politiche devono essere lette in rapporto alle valutazioni che faceva sul tema centrale della vita e dello sviluppo della democrazia italiana.
Ma questo discorso sarà fatto compiutamente riflettendo sulla sua opera di dirigente del partito comunista. Di un partito che, proprio per questo, si è posto come un punto fermo, garante della democrazia italiana.
In questo momento la nostra mente ed il nostro cuore sono attanagliati da tanti ricordi e, su tutti, dal ricordo di un compagno caro, gentile, affettuoso con tutti.
Egli non è più con noi; non è con la sua Letizia, con i suoi figli che amava teneramente, col fratello, con i suoi cari tutti.
Non è più con i compagni di ogni città e di ogni contrada con i quali ha condiviso successi e sconfitte, gioie ed amarezze, delusioni e speranze in un combattimento incessante per l’avvenire, per una società migliore e più giusta, per un socialismo con il volto degli uomini di qualunque fede che vogliono essere più liberi ed uguali.

venerdì 15 maggio 2020

La grande bufala della regolarizzazione





Permettere ai migranti già presenti in Italia di rimanerci solo per spaccarsi la schiena corrisponde ad una visione del mondo opposta rispetto a quella di chi chiedeva una sanatoria
Chiara Zanini*

Nella mattinata di mercoledì 13 maggio la battaglia portata avanti dalla Ministra delle politiche agricole, alimentari e forestali Teresa Bellanova ha finalmente sortito qualche effetto, facendo trovare a Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle un accordo che per settimane era sempre stato rinviato: quello sulla regolarizzazione dei migranti. Il motivo per cui la Ministra la stessa sera nell’annunciarlo era quasi in lacrime non è l’aver riconosciuto a tante persone la possibilità di vivere legalmente su territorio italico, ma il fatto di aver in cuor suo abbandonato la lotta per l’uguaglianza che l’aveva portata nei lontani anni Ottanta ad essere in prima fila nella lotta al caporalato.
La scelta di indicare Bellanova lo scorso settembre per un ministero che ha così tanto a che fare con il mondo del lavoro era stata accolta positivamente da molti, perché per quanto abbia come titolo di studio la terza media avrebbe potuto compensare con l’esperienza diretta, essendo stata una bracciante a partire dai 14 anni, poi una sindacalista della CGIL e solo in seguito una deputata dei Democratici di Sinistra prima e del Partito Democratico poi, per passare infine a Italia Viva. Nonostante i suoi trascorsi, negli ultimi anni il suo interesse per le tematiche delle migrazioni e del lavoro ha definitivamente cambiato segno: ha sostenuto convintamente sia il Jobs Act (contestato persino dai sindacati confederali di cui era stata paladina), sia l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, ossia la legge sui licenziamenti, scontrandosi più volte con i lavoratori in qualità di viceministra dello Sviluppo economico tra il 2016 e il 2018. Per tutti questi motivi, quando a metà aprile Bellanova ha rilanciato sulle pagine del Foglio la proposta di una regolarizzazione, gli attivisti per i diritti dei migranti hanno appreso con moderato entusiasmo la notizia e hanno continuato a ritenere quella della sanatoria l’unica soluzione percorribile. Questo naturalmente non certo per la scelta singolare della ministra di intervenire su un quotidiano di destra (a bassa diffusione e di cui non è nemmeno nota la tiratura) e non solo per l’uso di espressioni quali “dare risposte al presente per mettere a dimora il futuro” che allontanano la Ministra dai giorni in cui rimproverava a Bersani di utilizzare termini vaghi o incomprensibili. Senza contare che mentre a fine marzo il Portogallo votava un’ordinanza per dare maggiori tutele alle persone in attesa di regolarizzazione (cioè non una regolarizzazione a tutti gli effetti come alcuni hanno scritto, ma un decisivo passo avanti in termini di tutele), Bellanova faceva pubblicare sul sito del suo ministero un appello alla Grande Distribuzione Organizzata in vista della Pasqua che diceva: «Acquistate ancora più prodotti italiani, assicurate anche la presenza nei vostri negozi dei prodotti della tradizione pasquale».
Non esattamente le stesse priorità degli attivisti (Legal Team Italia, Campagna LasciateCIEntrare, Progetto MeltingPot Europa e Medicina Democratica in primis) che poco dopo l’inizio dell’emergenza avevano chiesto una sanatoria subito, senza fare distinzioni legate all’esercizio o meno di una professione, e senza avere come riferimento un datore di lavoro (cosa che invece era stata richiesta da altre realtà). Giorno dopo giorno questa idea raccoglieva consensi e gli attivisti si incontravano virtualmente, fornendo riflessioni e analisi che sarebbero state molto utili al Governo, ma anche ai tanti che non sanno che il migrante irregolare, tanto per fare un esempio pratico, non può proprio iscriversi al Sistema Sanitario Nazionale, e non ha di conseguenza un medico di base cui rivolgersi, e se va al Pronto Soccorso c’è l’eventualità di un controllo che può portare alla sua espulsione o ad essere recluso in un CPR. Ma in realtà tutti noi rischiamo la salute per il suo silenzio forzato, dunque c’è un valido motivo in più per regolarizzare la sua presenza. E poi ci sono i tanti migranti che sono stati regolari per un po’, ossia finché hanno avuto un lavoro, ma poi l’hanno perso e sono così divenuti irregolari. Moltissimi lavoratori originari dell’Europa Orientali sono infatti usciti dall’Italia allo scoppio della pandemia e non sono potuti tornare a causa della chiusura delle frontiere
Colpevolmente la ministra non ha mai condiviso queste informazioni necessarie per arrivare ad una valutazione, e forse ha fatto leva prodotta sulla confusione creata da anni di allarmismi ingiustificati in tema di immigrazione quando nel suo intervento sul Foglio il 14 aprile ha delineato due urgenze: «la salute, in primis, e poi fronteggiare l’urgenza, determinata dall’assenza di manodopera, che sta investendo in modo pesantissimo l’agricoltura del nostro paese e che mette a repentaglio prodotti, lavoro, investimenti, cibo. Che rischia di mandare in enorme sofferenza le nostre aziende agricole e che nelle prossime settimane, quando saranno arrivati a maturazione molti raccolti, può determinare l’irreparabile. Mentre la filiera alimentare è impegnata con enormi sforzi a garantire cibo al paese, non si può, allo stesso tempo, lasciare marcire i prodotti nei campi e fare i conti con l’emergenza alimentare che sta investendo parti sempre più ampie della popolazione». Insomma: «siano i migranti a spaccarsi la schiena per noi: regolarizzare conviene!».
E aggiungeva una sentenza: «Sia ben chiaro. Non esistono filiere sporche».
Filiere che invece sono ben documentate. Ne hanno scritto numerose ong e associazioni nei loro report, e poi autori come Stefano Liberti, Yvan Sagnet, Antonello Mangano, Francesco Caruso, Stefania Prandi e il compianto Alessandro Leogrande. Ne hanno parlato attraverso il cinema Andrea Segre, Andrea Paco Mariani, Stefano Liberti ed Enrico Parenti. Con la legge 199/2016 di cui la ministra va fiera il caporalato non è certo defunto, anzi; come sintetizza il sindacalista Giovanni Minnini sul Manifesto è “inapplicata proprio nella parte che oggi sarebbe più necessaria, cioè: l’incontro della domanda e offerta di lavoro (il collocamento) e l’accoglienza dignitosa per i lavoratori stagionali”. Ed è un altro sindacalista la persona che più si è spesa sul campo per una degna regolarizzazione, Aboubakar Soumahoro (USB), che dando conto quotidianamente delle condizioni nei campi si è sempre rivolto tanto alle istituzioni, quanto ai consumatori. Così siamo arrivati ad una concessione fatta dal governo solo a chi si trova già sul territorio con un permesso scaduto, o con un lavoro irregolare, previa domanda del datore di lavoro, che dovrà autodenunciarsi rivolgendosi poi all’Inps o alla Questura e pagare 400 euro a domanda (soldi che magari vorrà farsi ridare poi dal lavoratore, come già successo in casi analoghi), più altri costi che non sono ancora chiari.
Di tutto questo dibattito conclusosi male ieri sera con la ministra che non spiega tali limiti dell’accordo (o scambio?) con i Cinque Stelle non resta che una distanza incolmabile, quella tra due visioni opposte sulla regolarizzazione, e in definitiva due visioni opposte del mondo.
Da un lato il discorso opportunista della ministra, che annuncia al paese la sua vittoria personale, un provvedimento di cinque pagine compreso all’interno di un decreto contenente essenzialmente misure economiche. Bellanova presenta infatti i migranti come corpi destinati irrimediabilmente – e indipendentemente dalle qualità personali – al lavoro fisico, minus habentes che proprio a causa dei loro deficit trovano un collocazione nei termini della locuzione do ut des: non bisogna far marcire i prodotti nei campi, si è ripetuto, perciò ora nella Fase 2, possiamo integrarvi nella norma, includervi temporaneamente in ragione di una condizione eccezionale, sempre se rispettate le regole e rimanete confinati nel vostro ruolo di oppressi. Il messaggio è che non vi vogliamo, ma adesso ci servite per raccogliere frutta sotto il sole e pulire il sedere agli anziani, costituite una scelta economica che va fatta in fretta per salvarci e per dare una risposta agli imprenditori che non vogliono che il paese si fermi nemmeno per un attimo. Ma poi, più o meno tra la Fase 3 e la 4, finita la pandemia o comunque scaduti i sei mesi concessi, tutti illegali come prima, senza alcuna soluzione giuridica prevista, pronti a farvi umiliare dalle peggiori destre e a rappresentare un problema di difficile risoluzione per quel che resta della sinistra. I profitti prima delle persone.
Dal lato opposto c’è invece il discorso umanitario, quello degli attivisti che hanno sì esposto tutte le ricadute positive che una sanatoria slegata dalla volontà dei datori di lavoro avrebbe avuto, ma che sono legati da ragioni più profonde. Per indole si schierano dalla parte di tutti i subalterni, hanno costruito le proprie relazioni nel corso delle mobilitazioni in nome dell’antirazzismo e contro le guerre che causano migrazioni. Muovono da considerazioni basilari, come quelle alla radice del principio di uguaglianza tra tutti gli esseri umani. Principio che può essere condiviso da chi conosce bene la Storia, anche quella violenta e coloniale dell’Italia. In questo specifico caso, le persone prima dei profitti.
Ma in tempi di antipolitica Bellanova ha gioco facile e con le sue lacrime ne esce meglio di tutti, e così tanti le scrivono su Twitter che in quel momento di commozione hanno visto quello che non avevano ancora trovato dall’inizio lockdown: un comprensibile crollo dovuto ad una grande impresa, un’ammissione della paura di prendere decisioni prima impensabili. Le emozioni vincono sempre, ed è curioso che già un’altra ministra, Elsa Fornero, abbia singhiozzato proprio mentre annunciava le misure rispetto ad un’altra questione del mondo del lavoro, quella degli esodati nel 2011 e sia ricordata anche per questo. «Lo Stato è più forte del caporalato» e «gli invisibili saranno meno invisibili» sono gli slogan con cui Bellanova ha chiuso la partita. E tra lei e la società civile c’è la stessa distanza che c’è tra sfruttamento e dignità.



giovedì 14 maggio 2020

Paderno Dugnano. Lettera aperta nel tempo della didattica a distanza. La risposta dell’Amministrazione Comunale.




Pubblichiamo un post del Comitato per la scuola pubblica di Paderno Dugnano dal sito di Sinistra Alternativa -Paderno Dugnano

Pubblichiamo la risposta delle Assessore, con delega a scuola e servizi sociali, alla “lettera aperta sulla scuola” inviata lo scorso 24 aprile, e una nostra riflessione in merito.
Paderno Dugnano, 5 maggio 2020
Gentile Signora e Comitato per la Scuola pubblica di Paderno Dugnano,
Vi ringraziamo per la comunicazione inviataci, che in qualche modo anticipa il confronto con la cittadinanza e tutti i portatori d’interesse, che stiamo predisponendo in relazione alla così detta “Fase 2”.
Io e l’Assessore Scorta vi rispondiamo per quanto di competenza.
Iniziando dal tema della scuola, v’informiamo che lo scorso venerdì si è tenuto un incontro con i Dirigenti scolastici nel quale si è concordato l’avvio di un tavolo di lavoro comune che, a fronte delle esigenze emerse e dell’evoluzione della situazione, avrà il compito di trovare soluzioni, favorire raccordi, rimodulare, laddove è possibile, il Piano Diritto allo Studio in corso e formularne un adeguato alle nuove istanze per il prossimo anno scolastico. Gli Istituti scolastici hanno informato circa l’attività di didattica a distanza che, in diverse forme, è stata attivata in tutti i plessi scolastici. Sono state riferite le misure prese per dare risposta alle difficoltà delle famiglie circa la disponibilità di device e connettività. In relazione a questo problema, come a quello delle sanificazioni, gli Istituti si sono attivati per utilizzare le risorse messe a disposizione dal Decreto Cura Italia e in alcuni casi hanno attivato anche altri canali. Resta inevasa una parte di domanda alla quale si sta cercando di dare risposta.
Riguardo al tema della connettività, l’Amministrazione comunale nella seduta di Giunta del 23 aprile scorso, ha approvato la bozza di convenzione fra il Comune di Paderno Dugnano e Infratel Italia S.p.a. che consente al nostro Comune di entrare nel progetto WIFI.ITALIA.IT promosso dal MISE, per incrementare la rete di accesso gratuito ad internet da parte dei cittadini (hot spot gratuiti).
Regione, come da Voi richiamato, con il contributo E-Learnig ha attivato risorse a sostegno dei nuclei in difficoltà, opportunità della quale abbiamo cercato di dare ampia informazione. L’accesso alla misura, per i contenuti e le modalità, può indubbiamente essere precluso proprio ai nuclei più svantaggiati. Di questo siamo consapevoli e il tema sarà oggetto del lavoro sul Piano Diritto allo studio. Uno degli obiettivi è riuscire a destinare più risorse per l’acquisto di supporti tecnologici e connettività che le scuole potranno usare per far fronte a questo problema.
Sotto il profilo dei criteri applicati, con l’entrata nella fase di lockdown, le scelte adottate per i servizi prima infanzia, e i servizi educativi comunali, hanno tenuto conto della disponibilità dei soggetti del terzo settore incaricati, laddove applicabile l’art. 48 del Decreto Cura Italia, di rimodulare l’offerta su progetti e servizi a distanza che potessero garantire supporto e mantenere il contatto con le famiglie. Tra questi lo sportello di consulenza pedagogica prima infanzia, l’attivazione della piattaforma digitale WESCHOOL, i tour virtuali per i genitori dei servizi per le iscrizioni ai servizi di prima infanzia, la partecipazione al servizio “Restiamo in contatto” per le scuole primarie e dell’infanzia, curato dai gestori dei servizi pre e post scuola ma aperti a tutta la cittadinanza. Gli stessi criteri sono stati applicati per attivare, sulla base dei contratti in essere con gli Enti del Terzo Settore, servizi rivolti alle famiglie comprensive di persone con disabilità. A tale fine i progetti condivisi con l’Amministrazione, hanno perseguito lo scopo di volere conservare e sviluppare le competenze, nonché di evitare l’isolamento sociale di soggetti e famiglie fragili. Tra le azioni messe in campo si menzionano la didattica a distanza e l’utilizzo di strumenti e interventi di supporto alle famiglie.
Sotto il profilo economico, data la chiusura delle attività in presenza, si è provveduto da subito a sospendere le rette dei servizi di prima infanzia e, non appena è stato chiaro che la situazione non avrebbe permesso di riprendere l’attività, ad attivare i rimborsi (in corso) a quanti avevano già provveduto a pagare i servizi pre e post scuola. Questo (unito ad altri profili) comporterà minori entrate e problemi di tenuta degli equilibri di bilancio. Su questo stiamo già lavorando anche per reperire risorse altrove. L’impegno è in ogni caso è di non gravare su nessuno.
In questa prima fase di epidemia, il sostegno alle famiglie è stato articolato in un’ottica necessariamente di emergenza.
In primo luogo, si è cercato di sostenere quelle famiglie che hanno iniziato a manifestare segnali di difficoltà con riferimento alla didattica a distanza. La modifica delle modalità della didattica ha, infatti, portato all’emersione di alcune situazioni di fragilità familiare, per le quali si sta valutando un intervento specifico di accompagnamento. La prima preoccupazione dell’intervento sociale è stata quella di fornire un supporto di vicinanza affinché non andassero perdute competenze acquisite in ambito scolastico e non si cronicizzassero le (nuove) difficoltà emerse.
In secondo luogo, le risorse fornite dal Governo come fondo di solidarietà in alcuni casi hanno – di fatto – sopperito al servizio mensa sul quale alcune famiglie contavano per fornire pasti ai propri figli. Altre ipotesi sono al vaglio per verificare di stanziare un ulteriore contributo destinato al sostegno alimentare.
Con riferimento all’incrementarsi di richiesta di servizi di sostegno psicologico di cui alla vostra lettera, v’informiamo che dall’inizio dell’emergenza, l’ATS ha attivato un servizio telefonico di ascolto e supporto psicologico rivolto a coloro che sono in condizione d’isolamento e/o quarantena domiciliari, ma aperto anche
ai cittadini esposti in stato di forte disagio psicologico. Nell’ambito del progetto comunale “Io resto a casa” sono state, inoltre, attivate due linee telefoniche gestite dagli assistenti sociali aperte a tutti i cittadini.
Continuano a essere seguite le famiglie e le persone che già prima dell’epidemia erano in carico ai servizi sociali. Restano aperte ancora domande di ricevere sostegno psicologico, a cui stiamo cercando di dare risposta.
Alcuni progetti e interventi che erano previsti nel Piano Diritto allo studio 2019-20 non possono essere attivati – tra cui il Consiglio dei ragazzi e il Consiglio dei bambini. Tali progetti saranno ripresi nelle forme che saranno consentite. L’idea è comunque di non lasciare incompiuto quanto le classi hanno avviato.
Sono state altresì sospese le iniziative di carattere sportivo e ludico che erano state previste quali momenti di condivisione per le famiglie. Tra queste rientrano i laboratori, gli incontri in materia di educazione e vita famigliare, ma anche la festa dello sport, momento elettivo d’incontro, gioco e sport.
Rispetto al futuro, è difficile definire scenari attendibili ma, sulla base di quanto sembra prospettarsi, siamo già al lavoro da qualche settimana per delineare soluzioni organizzative e gestionali che possano garantire un’offerta di servizi per il periodo estivo e per la conciliazione, che rispettino i parametri di sicurezza, ma soprattutto il bisogno dei nostri bambini e ragazzi di vivere situazioni di normalità e di socialità. Da qui la scelta, anticipata rispetto ai discorsi in atto in questi giorni, di aprire le iscrizioni ai Centri Estivi. Stiamo valutando sedi e aree verdi, in relazione a risorse disponibili e necessarie.
Importante in questa fase il raccordo con le scuole, non solo per preparare l’avvio dell’anno scolastico e l’articolazione dei servizi di supporto, ma anche per realizzare, come vorremmo, attività dedicate a quanti occorre recuperare terreno, perché nella fase di lockdown sono rimasti tagliati fuori o in situazione di
svantaggio.
In un’ottica temporale più lunga, ci si aspetta che potranno ripartire anche le attività sportive. Ci stiamo preparando, pertanto, a tale fase successiva, perché sia rafforzato il coordinamento e la collaborazione, già in essere, con le associazioni sportive, affinché se individuino modalità sicure per reinserire la pratica
dell’attività fisica nella crescita dei nostri bambini e ragazzi.
Su questo da parte nostra c’è l’impegno e la volontà.
Tra i grandi temi che dovremo affrontare insieme come Amministrazione, famiglie (incluse quelle con articolari fragilità), sport e istituzioni scolastiche, c’è quello della mobilità pedonale e ciclabile che deve essere studiata e realizzata affinché almeno gli studenti della scuola secondaria di primo e secondo grado possano recarsi in autonomia a scuola. C’è il tema del Piano degli orari che deve essere riformulato. Il tema della fruizione delle aree verdi, delle aule virtuali e all’aperto. Il tema della conciliazione e del supporto pedagogico e psicologico a famiglie, studenti e insegnanti.
Chiudiamo dicendo che è in ogni caso prematuro anticipare soluzioni. Dobbiamo aspettare le linee guida in elaborazione da parte del Governo e avere conferma della messa in disponibilità di risorse aggiuntive.
Riteniamo, tuttavia, che la fase che stiamo attraversando non debba essere vissuta solo nei suoi aspetti negativi. Deve, a nostro avviso, essere colta come opportunità per realizzare innovazione, produrre servizi inclusivi, a misura di tutti, capaci di una nuova e migliore convivenza, rispettosa di quelli che sono gli equilibri che l’ambiente ci richiede.
Cordiali saluti
L’Assessore alla Scuola, Cultura, Giovani,
Partecipazione, Comunicazione Qualità della Vita
Anna Varisco
L’Assessore ai Servizi e Politiche Sociali, Famiglia,
Diritti Civili, Integrazione Sociale
Michela Scorta
L’ASSESSORE ALL’ISTRUZIONE DEL COMUNE DI PADERNO RISPONDE ALLA NOSTRA LETTERA SULL’EMERGENZA SCOLASTICA CAUSATA DALLA PANDEMIA COVID 19.
L’Assessore Anna Varisco e l’Assessore ai servizi sociali Michela Scorta, con l’interessamento del giornale Il Cittadino hanno firmato la lettera in risposta alle domande nostre e di Sinistra Alternativa Paderno Dugnano, in merito alle tante difficoltà che hanno riferito più genitori della nostra città e alle tante problematiche sollevate sia da famiglie che da insegnanti, impegnati a Paderno Dugnano, da una parte e dall’altra, in questa didattica di emergenza, formalizzata dal Ministero della Pubblica Istruzione che ha istituito per decreto, in maniera più o meno esaustiva (siamo comunque governati da un sistema che stabilisce l’autonomia degli Istituti scolastici) le linee guida della didattica a distanza (dad).
L’ Amministrazione comunale, in replica alle questioni che abbiamo sollevato, ci ha informato che è stato avviato il tavolo di confronto allo scopo di licenziare il prossimo piano cittadino per il Diritto allo studio, intervento evidentemente già in programma da prima degli eventi che riguardano la nostra, considerato il fatto che è attualmente aperto quello per l’anno 2019-2020 ( già aggiornato rispetto al precedente per quanto concerne i criteri di attribuzione del diritto al bonus libri per le scuole secondarie che è stato in ottobre di quest’anno scolastico associato all’indicatore Isee e riservato ai nuclei con reddito complessivo uguale o inferiore a ventimila euro).
Il Piano per il Diritto allo Studio qui citato, può essere declinato entro precisi vincoli di bilancio, per cui probabilmente non è l’unico strumento che la pubblica Amministrazione dovrebbe-potrebbe chiamare in causa in questo caso.
E’ comunque importante che ogni cittadino, soprattutto se lavoratore della scuola o genitore di studenti, si tenga informato e vigile e avanzi, se è il caso, richieste agli uffici competenti sull’elaborazione di tale documento programmatico futuro considerato che l’Assessorato dichiara in quest’occasione che: “l’avvio del tavolo comune, a fronte delle esigenze emerse e dell’evoluzione della situazione, avrà il compito di trovare soluzioni, favorire raccordi, rimodulare, laddove è possibile, il Piano Diritto allo Studio in corso e formularne uno adeguato alle nuove istanze per il prossimo anno scolastico”.
Abbiamo quindi dedotto che eventuali nuovi interventi per le famiglie coinvolte nella Dad potrebbero trovare applicazione a partire dal prossimo settembre-ottobre. In ogni caso, i contratti di comodato d’uso che le scuole hanno adesso stipulato con chi si è dichiarato in necessità di pc in prestito per i bambini hanno valenza fino al prossimo 30 giugno.
E considerato che il nostro interlocutore ammette che, ad oggi, resta inevasa una parte di domanda di mezzi informatici pervenuta dalle famiglie che non sono autosufficienti rispetto al consentire a tutti i figli di seguire adeguatamente le videoconferenze o le lezioni asincrone.
Ricordiamo che comunque la domanda che noi avevamo precisamente rivolto al Sindaco e alla Giunta era: “In che percentuale le famiglie di ogni istituto della città hanno fatto richiesta dei tablet per i propri figli/e e quante di queste hanno potuto essere aiutate con il comodato del computer?
Cioè, in che numero di studenti una parte della nostra popolazione si trova direttamente esposta al rischio di rientrare in una fascia di emarginati scolasticamente dispersi? Con tutto ciò che ne conseguirà per loro e per la società in futuro?”
Sappiamo che alcuni Dirigenti Scolastici della zona hanno nel frattempo notificato che con propri mezzi e finanziamenti pervenuti riescono a soddisfare il bisogno di attrezzatura di circa il 10% del bacino di utenza dei propri Istituti. A livello nazionale, secondo l’Istat il 33% delle famiglie italiane non ha pc.
Il Piano di cui parliamo richiama il ruolo degli Enti locali, i quali entrano a pieno titolo nel sistema dell’istruzione scolastica e sono tenuti a condividere e a cooperare con le istituzioni scolastiche, e prima ancora con le famiglie e gli studenti, nell’attuazione del loro diritto allo studio.
Per quanto riguarda quello relativo all’anno in corso (che si sta chiudendo), presenta una serie di voci di stanziamento risorse di cui attendiamo di capire se verrano aggiornate.
Ad esempio: Contributo Materiali di Pulizia, uso gratuito spazi: area Metropolis 2.0 e auditorium e spazio mostre Tilane per iniziative delle scuole, stanziamento per mediazione linguistica e culturale, sportelli di ascolto per scuole secondarie di primo grado, progetto “Ricucire la rete-prevenzione del disagio minorile”, stanziamento per il CAG Ciao Ragazzi, stanziamento per il progetto : “Il nome degli alberi”, per il progetto “Le praterie del web” per le scuole secondarie di primo grado che coinvolge massimo 4 classi seconde, per il progetto” Incontriamo il nostro “fiume”: il Seveso”, per il progetto” Oggi parliamo con” che prevede incontri tra il Comune e singole classi, finanziamenti per il progetto “Il Superlibro”, per l’iniziativa “Buon Compleanno Paderno Dugnano”, per il progetto “L’acqua è un bene” “fra i progetti educativi del CAP), stanziamenti in sostegno alle Scuole Paritarie.
E’interessante il fatto che tramite l’Amministrazione le scuole possono, ad occasione, utilizzare gli spazi della biblioteca Tilane, questa è un informazione che varrebbe la pena tenere a mente.
Non tutte le famiglie hanno internet a casa come diciamo nella nostra lettera e, soprattutto, sta accadendo purtroppo più spesso che le connessioni siano deboli e saltino proprio nei tanti momenti in cui i bambini e le loro maestre sono collegati per poter fare lezione.
A questo proposito, l’Assessore ci dice che: “il tema sarà oggetto del lavoro sul Piano Diritto allo studio. Uno degli obiettivi è riuscire a destinare più risorse per l’acquisto di supporti tecnologici e connettività che le scuole potranno usare per far fronte a questo problema”, mentre, il pacchetto famiglia varato dalla Regione Lombardia, citato sempre nella risposta, viene confermato anche qui come un bando che esclude una gran parte di persone in diritto di studiare, essendo comunque anche a rimborso e quindi che obbliga, sempre se ne abbiano i mezzi economici, ad un discreto investimento iniziale. Il prezzo di anche solo un tablet oggi varia dalle 250 alle 500 euro.
Rispetto alla continuità dei servizi socio-educativi, il Comune ha attuato una serie di iniziative, che per molte famiglie in stato di svantaggio potrebbero rivelarsi un ottimo punto di riferimento, a condizione di poter risolvere la loro problematica strutturale ed economica di non possedere tablets e supporti tecnologici, di poter pagare il canone della connessione e di essere assistiti o formati nell’utilizzo della rete e dei devices in caso di mancanza di competenze, dovendosi spesso approcciare adesso per la prima volta a questi metodi.
L’aspetto economico e socio-psicologico che interessa la popolazione e che viene richiamato nell’intervento dell’Assessore facendo riferimento alla sospensione effettuata delle rette dei servizi per la prima infanzia e al rimborso (avviato ma da molti ancora non ricevuto) delle mensilità del pre e post scuola è chiaramente condizionato dalle preoccupazioni che i cittadini stessi si trovano a dover gestire qualora non siano stati, nei precedenti due mesi di attività scolastica, o non siano oggi e per il prossimo periodo da qui a fine anno attrezzati con tutto ciò che è imprescindibile all’istruzione a distanza, unitamente al dover cercare di far fronte ad affitto, utenze , debiti finanziari che il governo non sta concretamente provando a sostenere.
Pensiamo che il futuro, se è vero che è incerto nel suo immaginarsi, però è rappresentabile solo mettendo al centro (dove forse per certi aspetti non era neppure prima di questo ultimo mese di febbraio) di ogni politica la scuola pubblica e i servizi educativi. In questo senso i cittadini hanno sollevato precise questioni e questo alimenta le preoccupazioni di fondo della società, il fatto che la vita quotidiana di uomini e soprattutto donne che lavorano funziona conciliando un tempo che è sempre più contingentato e prezioso.
Con una riorganizzazione dello spazio scolastico che sembra quasi certo si vedrà nei prossimi mesi, si può compromettere una vita familiare già pesantemente provata, ecco perché l’intervento politico dell’ente locale se lungimirante e basato su un programma che abbia l’intento di compensare degli equilibri che sarebbe impossibile reinventare per il cittadino singolo lasciato a sé stesso, sarebbe concretamente e non solo demagogicamente un’ opportunità per realizzare innovazione, produrre servizi inclusivi, a misura di tutti, rispettosi di quelli che sono le stabilità che l’ambiente ci richiede.
Comitato per la Scuola Pubblica Paderno Dugnano

La solidarietà è la cura. La giustizia sociale è il vaccino. Transnational Institute






Il sistema-mondo, il neoliberismo e il malsviluppo alla luce della pandemia.
Il Covid-19 come catalizzatore-rivelatore di come funziona il mondo.
Alcune considerazioni e alcune alternative.

di Giorgio Riolo
1. Alcune premesse metodologiche

Molti contributi, analisi e proposte, attorno alla pandemia e alla crisi in atto si sono prodotti nel mondo. Il pensiero nella sinistra mondiale è stato ed è ricco, fecondo di proposte. Ha delineato scenari, prospettive e alternative. La presente svolta storica avrà conseguenze di enorme portata.
La dialettica è materia scolastica, filosofica propriamente. L’attuale preoccupante passaggio storico mostra in modo perfetto cos’è questa cosa. Così ostica per l’intelletto comune, per il normale pensiero della vita quotidiana.
La deforestazione, la manomissione e la manipolazione di ecosistemi delicati e gli enormi allevamenti intensivi di animali per l’alimentazione umana (suini, polli, bovini ecc.) sono all’origine del sorgere e del mutare di virus patogeni nuovi per gli esseri umani. Come è avvenuto nel recente passato per lo Hiv, Ebola, l’influenza suina, l’influenza aviaria, la Sars e la Mers. La recente pandemia Covid-19 da Sars-CoV-2 rientra in questa fenomenologia.
Fenomeni della ecopredazione ai fini dell’accumulazione e del profitto sfociano processualmente in un fenomeno sanitario esplosivo. La pandemia non è destino cinico e baro. Era annunciata. È il risultato della logica perversa del sistema.
La sua enorme diffusione su scala mondiale, la mortalità indotta, l’enorme impatto sui vari sistemi sanitari, esistenti o non esistenti, come in molte aree del Sud del mondo, le gravi conseguenze economiche e sociali in corso, la messa in discussione degli assetti democratici e politici e della convivenza umana costituiscono un fenomeno inedito rispetto alle precedenti crisi sanitarie e alle precedenti crisi economiche.
Dimostrano in modo inequivocabile come oggi, nella nuova globalizzazione-mondializzazione in atto, siano ancor più vertiginose l’interazione, l’interdipendenza, i reciproci influssi dei vari momenti dell’intero storico-sociale, del sistema-mondo capitalistico, come insieme multidimensionale e multifattoriale.
L’economico, il politico, il sociale, il culturale, l’antropologico, l’etico, il religioso-spirituale ecc. interagiscono localmente e nel rapporto Nord-Sud del mondo. Ma interagiscono con l’altro fattore fondamentale, il fondamento di tutto, tenuto spesso colpevolmente fuori dalla considerazione. È la costituzione materiale del pianeta. La natura e l’ambiente.
David Harvey parlava di violenta “compressione spazio-temporale” del pianeta con il dispiegarsi del capitalismo. La vertiginosa integrazione e interazione delle aree del pianeta, l’accelerazione vertiginosa di tutte le transazioni umane ed economiche hanno compresso tempo e spazio dell’esperienza umana. Il capitalismo ha messo la febbre al pianeta, agli ecosistemi e agli esseri umani che lo abitano. Oggi su scala sempre più impressionante.
Il capitalismo è “smisurato” proprio perché non si pone limiti, nell’accumulazione, nella produzione, nella valorizzazione come fine in sé. I limiti debbono essere posti o si impongono in modo “naturale” (il limite fisico-materiale del pianeta) o in modo “artificiale”, per mezzo del limite posto dai gruppi umani che a questo stato di cose si oppongono.
Oggi più che mai si palesano i nefasti effetti del neoliberismo e della retorica del mercato autoregolatore, della retorica del “privato”, sempre contrapposto al “pubblico” e al ruolo dello Stato, della retorica dello “individuo”, sempre contrapposto al “collettivo”, alla “comunità”, al sociale.
Il Covid-19 ha svolto e svolge la funzione di catalizzatore-rivelatore del sistema-mondo contemporaneo.
Ha svelato impietosamente il malsviluppo, la diseguaglianza, le discriminazioni sociali, di classe, di razza, di genere, il rapporto di predazione nei confronti della natura, il prometeismo insito nella concezione della natura come fondo da cui attingere smisuratamente, illimitatamente.
Ha svelato i nefasti effetti, ma anche la bancarotta totale del neoliberismo, del privato, dell’individuo, del narcisismo consumistico nel Nord del mondo. Solo che questo, che è nella realtà, e che è nella coscienza delle forze antisistema o semplicemente nella testa di chi in questa società possiede un minimo di spirito critico, per farlo valere nella coscienza diffusa della società e della storia, abbisogna del movimento reale, del conflitto, della lotta. Non è autoevidente. Le classi dominanti, i dominanti, chi ha potere continuerebbero tranquillamente come per l’innanzi,  se non ci fossero i senzapotere a imporre loro l’evidenza dello stato del mondo e della necessità che occorre cambiare. Che così non va.
Sono ormai 40 anni di dominio del capitalismo neoliberista, a partire dal 1980, i “quaranta gloriosi” per i dominanti, per le oligarchie finanziarie e industriali, per le multinazionali, per la redistribuzione della ricchezza all’inverso, dal basso verso l’alto, dopo i “trenta gloriosi”, 1945-1975 circa, del “compromesso socialdemocratico”, grazie alla vittoria sul nazifascismo. Il quale, tra alterne vicende, ha garantito stato sociale, welfare e democrazia in Europa e decolonizzazione ed emancipazione nel Sud del mondo.
L’attuale stato delle cose dimostra come si sia in presenza di una svolta storica e che occorra un ripensamento globale del sistema-mondo nel suo svolgersi e nel suo modello di sviluppo.
Ricordiamo la triade. Capitalismo, colonialismo-imperialismo, patriarcato. Ricordiamo che il capitalismo è processo organico, che tutto ingloba, che tutto metabolizza. Polarizzante, gerarchizzante, asimmetrico. Che ha orrore del vuoto.
Abbiamo sempre detto che nel capitalismo “tutto si tiene”. Così è nel compito dell’analisi e nella presa di coscienza e così dovrà essere nelle proposte, nelle alternative che riteniamo necessarie. Come movimenti antisistemici e come eredi della tradizione delle ragioni storiche del movimento operaio, socialista e comunista, del movimento ambientalista, del movimento delle donne, del movimento contadino, delle classi e dei soggetti subalterni in generale.
In tutto ciò risaltano le ragioni dei Forum Sociali Mondiali e del coevo movimento altermondialista tra fine Novecento e inizi del nuovo millennio. Oltre la retorica e la metafisica che spesso hanno accompagnato questi importanti fenomeni del nostro tempo, purtroppo oggi in crisi, nella parabola discendente dopo una esaltante prima fase di sviluppo.
In questa premessa metodologica è il luogo per richiamare studiosi e attivisti, molto presenti nei Fsm e nel movimento altermondialista. Essi ci hanno aiutato a comprendere il mondo e a ispirarci nel movimento reale per cambiare le cose. Due sono viventi, e hanno scritto cose importanti sull’attuale pandemia, il sociologo portoghese Boaventura de Sousa Santos, la scrittrice e attivista indiana Arundhati Roy. Gli altri recentemente scomparsi. Samir Amin, François Houtart, Immanuel Wallerstein, Eduardo Galeano, José Saramago. Altri e altre, come David Harvey, Vandana Shiva e Leonardo Boff, si possono naturalmente aggiungere a queste figure.
Infine una menzione particolare. Si tratta di Gaël Giraud, gesuita francese, valente economista, autore di uno scritto importante sulla pandemia e sulle alternative necessarie per l’uscita dalla crisi.
2. La crisi e le crisi
La crisi attuale, con le sue peculiarità, si può considerare come uno stadio particolare nella lunga crisi iniziata nel 2007-2008. Crisi economica in primo luogo, ma è in realtà una crisi sistemica, una crisi complessiva. La Teologia della Liberazione parla da molto tempo di “crisi di civiltà”.
È al contempo crisi economica, con in gioco la giustizia sociale, e crisi ecologica, con in gioco la giustizia climatica, come manifestazione più ampia della crisi ecologica, coinvolgendo popoli, classi, soggetti delle periferie del mondo alle prese con gli effetti nefasti del riscaldamento globale, causato soprattutto dalle emissioni di gas serra nei centri capitalistici. È anche crisi culturale, con il disorientamento e la perdita di valori di riferimento nella cosiddetta “fine delle ideologie”. In realtà con l’imperio dell’ideologia e della filosofia complessiva del capitalismo maturo. Con i valori dominanti del consumo, dell’individualismo, della competizione ecc.
Nella storia del capitalismo le crisi hanno svolto il ruolo di impulso alla trasformazione e a cambiamenti profondi nella sua logica di funzionamento. Nella accezione medica, greca, del termine, punto di svolta di un organismo malato. Si parla di transizione intrasistemica, perché sempre di sistema capitalistico si tratta. Ma le precedenti crisi, soprattutto la “grande depressione” del 1873-1896 e il “grande crollo” del 1929, non comportavano una transizione ecologica, una trasformazione nel paradigma ambientale. Il tutto si risolveva, come esito, in nuova organizzazione nella produzione, in nuove tecnologie e macchine e nuovo paradigma energetico, nei nuovi assetti proprietari, in nuova regolazione sociale ecc.
Oggi la possibile riorganizzazione del sistema comporta una profonda, decisiva mutazione nella logica di sviluppo, nel prendere in seria considerazione una trasformazione nel rapporto uomo-natura, nel rapporto produzione-ambiente.
La crisi globale contemporanea è proprio crisi globale, sistemica, non solo spazialmente. Ma proprio come crisi che investe tutte le dimensioni, tutti i fattori di cui sopra.
Anche qui il Covid-19 svolge il ruolo di rivelatore-messa a nudo di questo complesso problematico.
La possibile uscita dalla crisi non è univoca. Una biforcazione si palesa, come sempre. Una uscita autoritaria, di destra, nel segno del malsviluppo, o una uscita con maggiore democrazia, sviluppo riproducibile ed equilibrato, un nuovo “compromesso socialdemocratico”, non solo nel Nord del mondo, ma anche per i popoli delle periferie. Il Green New Deal o il più radicale ecosocialismo, di cui trattiamo nella parte dedicata alle alternative, rientrano in questa possibilità.33. La pandemia
 3) La pandemia
Molti scienziati concordano nel considerare l’attuale pandemia come una prima manifestazione di epidemie globali ricorrenti a misura della vertiginosa interdipendenza nella realtà contemporanea. La famosa peste del 1347-1348 in Europa impiegò vari anni, almeno dal 1343, per diffondersi dal luogo di origine nell’Asia centrale mongolica.
La cosiddetta influenza “spagnola” del 1918-1920, fu la vera prima pandemia. Fu micidiale negli effetti. 500 mila contagiati e circa 50 milioni di morti. E anche per venire a noi, e per richiamare il multidimensionale e il multifattoriale di cui sopra, fu l’evidente dimostrazione che il virus, forse partito da un allevamento di bestiame del Kansas, ebbe facilissimo terreno di propagazione nei corpi debilitati, stressati, malnutriti della prima guerra mondiale ancora in corso e nei corpi di soldati sfibrati e accalcati nelle trincee. Il virus da solo, anche l’attuale Coronavirus, non basta. Altre cause concorrono.
Oggi tutto è in divenire e gli studi seri, non quelli interessati delle lobby farmaceutiche, della sanità privata ecc., sono in corso. Ma intorno al mondo, molti ricercatori e molte ricercatrici individuano alcune concause. In primo luogo, l’inquinamento atmosferico. A causa del particolato fine, le particelle PM 2,5 e PM 10, e del biossido di azoto. In secondo luogo il pervasivo, molto sottaciuto per evidenti interessi di potenti lobby, inquinamento elettromagnetico (il cosiddetto elettrosmog). Molti studi rilevano la enorme diffusione dell’epidemia in luoghi del mondo molto inquinati. La Pianura Padana è una di queste aree.
Il discorso della cattiva alimentazione, delle condizioni di vita di molti strati sociali, si farà alla fine di questo contributo. Ma la concausa delle deficienze del sistema immunitario è da tenere in molta considerazione.
4. I sistemi sanitari. In particolare il sistema sanitario italiano
L’epidemia ha messo a nudo lo stato del mondo dal lato di esistenza o meno di sistemi sanitari efficienti, adeguati alla bisogna. In Occidente le politiche neoliberiste di fine dello stato sociale e di tagli alla spesa pubblica, in primo luogo sanità e istruzione, hanno reso molte sanità pubbliche non all’altezza della situazione.
Nel Sud del mondo, a causa del debito, le politiche imposte dalle agenzie del neoliberismo mondiale, in primo luogo Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale, complici le oligarchie compradore locali, hanno tagliato servizi essenziali minimi e a povertà si è aggiunta altra povertà. In questo Sud del mondo, la sanità di Cuba è per i dominanti mondiali uno scandalo e un cattivissimo esempio e non se ne deve parlare. E i media mainstream ligiamente eseguono.
Il caso dell’Italia è emblematico. Come è noto, il sistema sanitario nazionale (Ssn), universale e gratuito, nasce nel dicembre 1978, ministra Tina Anselmi, sul modello del National Health Service inglese del secondo dopoguerra. La riforma fu avviata nel 1980, ministro Aniasi. Anselmi e Aniasi, entrambi belle figure della Resistenza italiana. I loro partiti, Dc e Psi, furono in seguito molto attivi nello scempio di questo strumento di civiltà e di progresso.
Nelle intenzioni c’era la fondamentale premessa della “prevenzione” (meglio prevenire che curare, elementare verità) e della medicina territoriale, con la figura centrale del medico di base. Tutto progressivamente vanificato nei decenni successivi. Sotto l’azione delle potenti lobby farmaceutiche e mediche. Meglio curare e ospedalizzare, e quindi lucrare, che prevenire.
Il Ssn si articolava in 695 Usl (Unità Sanitarie Locali). La cattivissima e corrotta amministrazione statale e pubblica, alla mercé dei partiti politici di governo, male storico italiano, almeno dall’Unità in avanti, lottizzò immediatamente queste strutture. Giustamente concepite in origine per conciliare centralismo e bisogni delle comunità locali. Si procedette ad assunzioni clientelari, dai presidenti allo sproporzionato numero di dirigenti, al personale sanitario, agli amministrativi, all’usciere. Il classico voto di scambio, tipicamente italiano, bacino enorme di consenso elettorale. La parte del leone la fece la Dc, lasciando qualcosa nella spartizione al Psi, e poi scalando a Psdi, Pri ecc.
La spesa di dette unità si risolse inevitabilmente in sprechi scandalosi diffusi. Come avveniva in molta parte dell’amministrazione pubblica. Ma qui, nella sanità, la torta era ed è maggiore, rispetto ad altri settori.
Nel 1992 le Usl diventano Asl (Aziende, e l’aziendalizzazione per ottemperare al dogma neoliberista del “modello impresa”, in seguito colpevolmente esteso anche alla scuola e alla università). Con il governo di centrosinistra di Giuliano Amato, sempre nel 1992, oltre alle pensioni, si procede ai primi tagli alla spesa sanitaria. Tagli proseguiti, con governi di destra e di sinistra, fino a oggi.
Nel 1993, Duilio Poggiolini, l’allora direttore generale della sezione farmaceutica del Ssn, che decideva sui farmaci ammessi o meno nei prontuari, sui prezzi ecc., venne indagato per corruzione. Il suo patrimonio ammontava a decine di miliardi di lire, con  conti correnti all’estero e con lingotti d’oro e oggetti di lusso nascosti in vari luoghi della sua casa.
Con l’altro scandalo, sempre del 1993, di tangenti al ministro della sanità Francesco De Lorenzo, tutto ciò costituì il facile terreno per una ulteriore, gigantesca offensiva a favore della privatizzazione dei servizi pubblici. Lobby e stampa interessati e il favore popolare a causa del cattivissimo “pubblico”, così corrotto e inefficiente. Naturalmente la spesa è pubblica, la sanità viene spartita tra strutture pubbliche e strutture private convenzionate, pagate dalla spesa sanitaria pubblica.
La prevenzione cancellata, la medicina del lavoro e la medicina territoriale quasi inesistenti, i medici di base ridotti a meri burocrati della compilazione di ricette e di prescrizioni, con le lodevoli eccezioni di medici di base attivi nel loro compito di primo livello della prevenzione e della cura.
Il risultato dei tagli è 72.000 posti-letto in meno, medici, infermieri, ausiliari in continua diminuzione, cancellazione di molte strutture locali di primo soccorso e cura. Il risultato è quello impietosamente esibito nella pandemia.
Lo “spagnolismo” e la retorica barocca italiana e italiota in azione. “Eroi”, applausi, cartelli ecc. Meglio sicuramente di due dita negli occhi. Ma giustamente le infermiere e gli infermieri, i medici, gli ausiliari, le lavoratrici e i lavoratori, ricordano che hanno fatto e fanno semplicemente il loro lavoro e che piuttosto occorre più personale sanitario, meglio retribuito. Che occorre una riconsiderazione complessiva. Prevenzione, medicina di base, medicina del lavoro, medicina sociale, medicina pubblica e il privato molto ridimensionato.
5. Le conseguenze. Il Sud della pandemia
Gli effetti economici sono drammatici. Su scala mondiale e nelle singole economie nazionali. Alcuni punti, solo come esempi.
1. Il lavoro è la prima vittima. Sicuramente il lavoro dipendente del settore formale. Ma soprattutto il lavoro del vasto settore informale, il lavoro nero, il lavoro precario, in tutte le sue forme. Poche e inaffidabili sono le statistiche.
Qui in Italia. Ma pensiamo ad altre aree del mondo. Un solo esempio. In India circa il 70% della manodopera è lavoro informale. Ma anche qui le statistiche sono poco affidabili.
2. L’impoverimento colpisce soprattutto le classi subalterne. Ma anche tra i subalterni esiste “il Sud della pandemia”. Migranti, rifugiati, donne, anziani, handicappati, senzatetto ecc. La discriminazione è sempre di classe, razziale, di genere.
Negli Usa, a fronte di alcuni miliardari, in dollari, che in queste settimane si sono ulteriormente arricchiti, quasi 40 milioni di persone hanno perso il lavoro. E gli afroamericani e i migranti sono i primi a cadere. Così come sono la maggioranza i neri a essere colpiti dall’epidemia. In sovrammercato, con il cibo spazzatura a buon mercato, l’obesità, il diabete, le malattie cardiovascolari ecc., terreno privilegiato per le infiammazioni e quindi per l’infezione da Covid-19.
Ricordiamo sempre che 27 milioni di statunitensi non hanno alcuna assicurazione medica. A questi occorre aggiungere 11 milioni di migranti non assicurati. Tutti non  hanno alcuna possibilità di avere cure mediche.
3. La vicenda delle case di cura per anziani in Italia è un altro Sud terribile e criminale. Il retroterra da darwinismo sociale e da considerazione della popolazione “sacrificabile”, “inutile”, è perfettamente in linea con la filosofia complessiva del neoliberismo.
4. La distanza fisica tra le persone, detta distanziamento sociale, è stata una delle prime misure imposte. Ma questo, qualora fosse veramente rispettato, è possibile solo in Occidente. Con l’eccezione dei luoghi dove sono ammassati i migranti, braccianti agricoli senza diritti e senza protezione. Come avviene in Italia, da Nord a Sud, alla mercé del caporalato e delle tante mafie. Caporalato e mafie impunite perché così è in Italia, malgrado i tanti proclami delle istituzioni che quelle vergogne dovrebbero debellare.
Nel mondo, nel Sud del pianeta, circa il 25% delle persone vive nei cosiddetti “quartieri informali”, soprattutto periferie delle grandi città. Con molta parte vivente in slums, favelas, bidonvilles ecc. Un solo esempio. A Mathare, sobborgo di Nairobi, la densità è di 68.941 abitanti per km2. Solo come riferimento, la densità a Milano e provincia è di 2.063 per km2.
5. Acqua e sapone per lavare le mani, come prima misura preventiva per evitare il contagio. Nel campo profughi a Moria, nell’isola di Lesbo, fatto per ospitare 3.000 persone, ci vivono circa 13.000 persone. Un rubinetto d’acqua serve circa 1.300 persone e non c’è sapone.
6. Il cosiddetto lockdown, la chiusura di luoghi pubblici, di esercizi commerciali e di fabbriche, non ha fermato totalmente il lavoro, pubblico e privato. Alcuni settori hanno usufruito del cosiddetto smart working. La possibilità per una parte del lavoro, soprattutto impiegatizio, manageriale e professionistico, di compiere il lavoro da casa, attraverso rete e computer.
La retorica anche qui in azione. Presentata come la soluzione, in realtà ne usufruisce solo un esiguo strato di classe media mondiale.
6. Conseguenze politiche e sociali. Stato d’eccezione
Le restrizioni del movimento, dell’agibilità sociale, politica e culturale, la regolamentazione nella vita, anche privata, dei cittadini, rientrano tra le misure imposte per evitare il contagio. Tuttavia molti paventano il pericolo del controllo sociale e dello stato d’eccezione che può convertirsi rapidamente in stato permanente.
Il pericolo è il restringimento della democrazia e dei diritti. È l’occasione non solo di cancellare ciò che è rimasto dello stato sociale, malgrado il ricorso massiccio all’intervento dello Stato nella bancarotta evidente del “privato” e del neoliberismo nella fattispecie, ma anche di imporre misure autoritarie.
Paolo Bonomi, attuale presidente eletto della Confindustria italiana, ha subito detto che gli italiani debbono preparasi a nuovi sacrifici e a nuovi doveri. Questo è già avvenuto e avviene nella realtà effettuale e non occorre il supplemento retorico della Confindustria per ricordarlo. Tradotto. Sacrifici e doveri ulteriori per lavoratrici e lavoratori (pensioni, salari, diritti, condizioni di lavoro ecc.).
La questione non riguarda solo la pandemia. La crisi generale del sistema, a partire dalla severa crisi economica, con al centro la sua riproducibilità, dal lato della giustizia sociale e della giustizia ambientale, con la soverchiante e ultimativa  questione del cambiamento climatico, pone anche la possibilità di un’altra svolta. Auspicabile per le classi subalterne e per i soggetti sociali maggiormente colpiti su scala planetaria.
Le alternative sono possibili e praticabili e questo è fattore di civiltà di contro alla barbarie possibile del caos generalizzato, negli ecosistemi e negli assetti sociali e politici.
7. Le alternative
Il campo delle alternative è molto vasto. Molte si sono delineate nella lunga esperienza dei movimenti antisistemici novecenteschi e nell’esperienza dei Forum Sociali Mondiali. In questo passaggio altre debbono essere considerate a misura della peculiarità della crisi attuale. La ricerca è in corso e qui si indicano solo alcune.
Evidentemente esistono varie opzioni. Un tempo si diceva “programma massimo” e “programma minimo”. Tra “One solution, Revolution!” e modeste proposte riformistiche, tuttavia importanti negli effetti, esiste una vasta gamma di possibilità di azione per chi vuole essere protagonista di un cambiamento. Anche solo per garantire dignità umana alle vittime del sistema e per garantire dignità alla natura e agli ecosistemi in cui gli umani si trovano a vivere.
1. In primo luogo. Una premessa metodologica. Un conto è l’intervento umano nell’autonomo corso dei processi naturali. Come l’agricoltura e l’allevamento (la cosiddetta rivoluzione neolitica) all’origine dello sviluppo della civiltà. Nella quale, solo per esempio, gli umani interagirono assiduamente con gli animali selvatici per addomesticarne alcuni. E da qui il passaggio di molti agenti patogeni da animali selvatici ad animali domestici e infine all’uomo. Agenti patogeni di Tbc e vaiolo, passati attraverso i bovini, sono gli esempi storici classici.
Ma la febbrile manomissione dei delicati equilibri degli ecosistemi, almeno dal Novecento in avanti, è foriera di sempre più gravi epidemie. Ricordando che molti virus, come il presente Coronavirus, mutano velocemente. E l’inseguimento con vaccini e con medicine appropriate per curare le malattie si rivela una corsa senza fine.
Veramente. La figura che si impone è quella dell’apprendista stregone che non è più in grado di dominare gli spiriti che ha evocato. In questo contesto, come nel contesto più vasto della scommessa faustiana del capitalismo smisurato e illimitato.
Prevenire è meglio che curare.
2. La biodiversità è garanzia di sopravvivenza per tutte le forme di vita, compresa quella umana, nel pianeta. Ogni giorno circa 200 specie del vivente vegetale e animale sono costantemente minacciate di estinzione. Tra queste specie, le api, vero baricentro vitale nel pianeta.
3. Nella transizione ecologica e sociale, in campo ci sono le proposte praticabili del “Green New Deal”, avanzate nel febbraio 2019 dai candidati democratici statunitensi Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez. Il fine è quello di affrontare al contempo  il cambiamento climatico e le sue conseguenze e l’ineguaglianza economica e il disagio sociale.
L’altra proposta, più radicale, viene dalle riflessioni dell’ecosocialismo. Un filone molto importante in cui sono impegnati molti marxisti da Michael Löwy a John Bellamy Foster, direttore della rivista Usa Monthly Review.
4. La piccola agricoltura contadina di sussistenza sostiene e sfama più di metà della popolazione mondiale. L’agrobusiness della agricoltura altamente meccanizzata e altamente tossica, per lo smisurato uso di prodotti chimici, impoverente campi e qualità dei prodotti agricoli, è comunque dominante. I contadini intorno al mondo non hanno il potere di influenzare i governi come le potenti lobby della agricoltura industriale, della chimica (Monsanto-Bayer e il glisofato sono gli emblemi sinistri di questa agricoltura), della distribuzione e commercializzazione dei alimenti ecc.
Nella transizione ecologica su scala planetaria questa visione dell’agricoltura deve essere fermamente tenuta in considerazione.
Nei Forum Sociali Mondiali i movimenti contadini costituivano la maggioranza dei movimenti sociali su scala mondiale.
5. Gaël Giraud, nel suo importante contributo, ha ripreso la questione dei “beni comuni”. Giustamente egli dice che il tema dei beni comuni può rappresentare un salutare tertium tra Stato e mercato. E adesso è l’occasione, proprio a misura della bancarotta del mercato e del neoliberismo, di porre all’ordine del giorno la questione.
La questione dei beni comuni è stata centrale nella rivendicazione del movimento altermondialista. Acqua, terra, sementi, energia, saperi ancestrali delle comunità e delle culture umane, istruzione, scuola ecc. Contro la privatizzazione, contro brevetti e proprietà intellettuale indebiti, contro la mercificazione generalizzata ecc.
6. I beni comuni pongono immediatamente la questione del controllo democratico di questi beni e quindi quale sistema politico e istituzionale costruire. “Stato” può anche significare istituzioni democratiche che le comunità locali si danno per soddisfare i propri bisogni. Sempre nel contesto più vasto, e in sintonia, con le istanze statali.
La democrazia liberale rappresentativa che conosciamo non basta più. Esposta al logoramento e alla manipolazione continua dei dominanti, in Italia per mezzo del clientelismo, del voto di scambio, della corruzione ecc.
È una delle fonti del distacco, della crescente separatezza tra élite e popolo, tra governanti e governati, tra classi dirigenti e gli strati sociali (i cittadini e le cittadine). L’abitudine alla delega e alla correlata passivizzazione, molto presenti in Italia, dovrebbe essere contrastata dall’abitudine al protagonismo, alla partecipazione diretta, all’acquisizione di capacità culturali e politiche per diventare fattori attivi nella società civile e nell’arena politica.
Il cammino intrapreso dal movimento altermondialista è stata quella della “democrazia partecipativa”. A mezzo tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta. È l’occasione per riprendere questo cammino.
7. Il “lavoro” è un’astrazione. È importante per designare un grande mondo fatto di donne e uomini che si impegnano, faticano, costruiscono società, cultura, politica, solidarietà. Negli anni del neoliberismo, è stato umiliato, svalorizzato, frantumato.
Nella concretezza storica e sociale tuttavia al suo interno esistono articolazioni, differenziazioni, scissioni, contraddizioni.
Un esempio. Il lavoro dipendente pubblico è altra cosa dal lavoro dipendente privato. E in questi giorni la differenza si fa sentire. È un problema storico. La solidarietà tra questi mondi è stata molto difficile. Sindacati, partiti, organizzazioni della sinistra hanno sempre cercato di tenere solidali questi mondi.
Dalla concreta realtà del lavoro occorre partire per proporre soluzioni a favore delle lavoratrici e dei lavoratori.
8. Si ripresenta ed è veramente il momento per rilanciare la vecchia parola d’ordine “lavorare tutti, lavorare meno”. Riprendere la questione della riduzione per legge della giornata lavorativa. Riprendere la parola d’ordine delle 35 ore settimanali.
Fattore storico di civiltà per le classi subalterne, dalla rivendicazione delle 10 ore dei Cartisti inglese a metà Ottocento, alle 8 ore del movimento operaio, socialista e comunista, dalla Seconda Internazionale in avanti.
Nel nostro tempo la questione era comunque matura a misura dell’enorme aumento della produttività, delle “forze produttive”. Grazie all’automazione, a macchine e a processi di lavoro sempre più perfezionati. Robots, informatica avanzata ecc. rendono possibile ottenere merci e prodotti con minor dispendio di lavoro rispetto al passato.
L’unica citazione che mi permetto qui. Ma è potente il pensiero e il retroterra morale e intellettuale che hanno ispirato queste righe
“Presupposta la produzione sociale, rimane naturalmente essenziale la determinazione del tempo. Meno è il tempo di cui la società ha bisogno per produrre frumento, bestiame, ecc. tanto più tempo essa guadagna per altre produzioni materiali o spirituali. Come per il singolo individuo, così per la società la totalità del suo sviluppo, delle sue fruizioni o della sua attività dipende dal risparmio di tempo. Economia di tempo – in questo si risolve infine ogni economia”. È Marx, nei famosi Grundrisse.
La ricchezza sociale è assicurata, anzi aumenta. Occorre redistribuire bene questa ricchezza. Niente di rivoluzionario. È la classica mossa riformistica. La riduzione della giornata lavorativa a parità di salario è quindi sacrosanta rivendicazione. E adesso è proprio il momento. Quando occorre ovviare alla enorme disoccupazione che si sta creando a causa della pandemia e della crisi.
Solo che tutto ciò investe solo una parte del lavoro dipendente. Rimane fuori il vasto mondo del lavoro del settore informale, del lavoro in nero, del lavoro autonomo di seconda e terza generazione (le partite Iva fasulle, in realtà lavoro dipendente, precarizzato, gerarchizzato, svalutato). Rimangono fuori migranti, badanti e tutte le varie figure miste, molte le donne, non collocabili precisamente.
Da tenere presente tutto ciò. Per trovare soluzioni per questo vasto mondo. Partendo comunque proprio dalla grande parola d’ordine “lavorare tutti, lavorare meno”.
9. Gli stili di vita e come si consuma rientrano nel campo delle alternative. François Houtart, nell’ultima parte della sua vita, lavorava a perfezionare un “Manifesto del bene comune dell’umanità”. Nella visione di cui sopra.
Insisteva molto sulla divaricazione-contraddizione tra “valore d’uso” e “valore di scambio”. La sfrenata tendenza al consumismo, almeno nel Nord del mondo, molto da considerarsi “consumismo compensativo”, di altre mancanze, di altro “senso della vita”, di altra gratificazione, morale e intellettuale, anche nei luoghi di lavoro, è nella logica del sistema.
Il mirare al “valore d’uso” delle merci e degli oggetti contrasta la “obsolescenza programmata” dei prodotti, evita sprechi e risparmia lavoro sociale. Che potrebbe andare a beneficio di altri settori, della cura, della cura del territorio, della cultura, della ricerca ecc.
Infine, Houtart rifletteva sulla possibile conciliazione di antropocentrismo e di biocentrismo, di uomo e natura.
10. Le famose 3R (Ridurre Riutilizzare Riciclare) costituiscono le parole d’ordine che cercano di frenare lo spreco e il consumismo di cui sopra. Sempre per liberare tempo e lavoro sociale da dedicare ad altre sfere, anche della produzione, per uno sviluppo riproducibile del sistema e per contrastare il malsviluppo.
11. Il capitalismo italiano e le sue famiglie di riferimento hanno storicamente teso a incamerare i profitti, come ricchezza personale, lasciando poco per investimenti, per allargare la produzione e per innovare.
Un solo esempio. La famiglia Riva ha rilevato l’Ilva di Taranto. Negli anni invece di procedere alla riconversione energetica e ambientale, all’innovazione, come avveniva nelle acciaierie di mezzo mondo, e come richiedeva la nuova consapevolezza dei danni ambientali e dei danni alla popolazione coinvolta, ha tesaurizzato portando la propria ricchezza all’estero. Si parla di circa 1,5 miliardi di euro. La stessa cifra che occorreva per riconvertire gli impianti e per bonificare le aree profondamente inquinate. Per cancellare la terribile alternativa per i lavoratori Ilva e per gli abitanti di Taranto tra salvare i posti di lavoro e avere vita e salute, oltre le molte morti e le molte malattie che la presenza dell’Ilva comportava.
12. Il risparmio privato italiano, famiglie e imprese, è enorme. Si parla di circa 4.200 miliardi di euro. Molta parte investita in titoli e obbligazioni. Ma molto di questo risparmio è inoperoso. Lo si  potrebbe “mobilizzare” in questa fase storica. Con titoli di stato a interesse contenuto.
Nel patrimonio della sola Cassa Depositi e Prestiti si trovano inoperosi miliardi di euro. È controllata in grande parte dallo Stato, dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e in minima parte da alcune fondazioni bancarie. È la terza istituzione bancaria dopo Unicredit e Intesa Sanpaolo.
Oltre a soccorrere le imprese in difficoltà, molti fondi potrebbero essere utilizzati per creare nuovi posti di lavoro. Per avviare un nuovo “piano del lavoro”, nella logica del New Deal di cui più avanti. Per opere di bonifica territoriale, di creazione di infrastrutture, di rifacimento e manutenzione di strade, ponti, ferrovie ecc. a distanza di 60-50 anni di usura (Ponte Morandi). Ma anche per creare infrastrutture digitali, così carenti in Italia.
Il presupposto è, come dicono molti, un nuovo “patto sociale”, a misura dell’emergenza in corso. I “sacrifici” non debbono farli i soliti, le classi subalterne, i più deboli.
Questa ricchezza accumulata dovrebbe entrare in circuito per risolvere problemi contingenti, ma anche per creare i presupposti per una “ripartenza” migliore, foriera di sviluppi promettenti, socialmente e ambientalmente.
13. Infine la medicina e la sanità. È l’occasione per riordinare e riorientare la sanità italiana. Con i relativi finanziamenti e le relative risorse.
Contro la visione ospedalocentrica e farmacocentrica. Orientata al profitto per i soliti noti. Porre la centralità nella medicina di base, nella medicina del lavoro, nella medicina sociale, nei presidi territoriali di primo livello. Porre la centralità nella programmazione e nella pianificazione, parole spiacevoli per i neoliberisti.  Totalmente disattese recentemente, malgrado che l’Organizzazione Mondiale della Sanità avesse avvertito negli anni scorsi che una pandemia era prevedibile e invitasse a predisporre le misure per non trovarsi impreparati.
14. La sacrosanta Legge 180, voluta da Franco Basaglia, considerata nel resto del mondo come una legge pionieristica e da imitare, è stata nel tempo vanificata. Mai totalmente applicata nella sua interezza. Invece di creare solide strutture territoriali per i malati di mente e per le loro famiglie, invece di ampliare i Centri Psico-Sociali (Cps), gli stessi Cps sono progressivamente smantellati. Con paurosa mancanza di psichiatri, infermieri e assistenti sociali. Spesso non adeguatamente formate queste figure per assolvere al difficile compito.
I malati di mente, il disagio psichico e psichiatrico, sono sempre più in aumento in una società contemporanea difficile, ineguale, poco votata alla solidarietà e al legame sociale e al legame comunitario.
15. Nel trionfo della medicina cosiddetta “convenzionale”, improntata a uno scientismo positivistico, più curativa che preventiva, specialistica ad oltranza, occorre ridare dignità ad altre medicine. Al netto di tanti ciarlatani, di maghi e maghe curatori e curatrici, di stregoni “alternativi” ecc., un mondo di saperi e di sapienza curativa viene da queste medicine, molte con radici in storie e culture millenarie.
Miranti a una visione olistica dell’essere umano, come unità biopsichica, tutte miranti a prevenire più che a curare. Miranti al benessere psicofisico, in armonia con la natura e con l’ambiente. Miranti a rafforzare le difese immunitarie. Sistema immunitario così minacciato dai vari inquinamenti di cui sopra e da una alimentazione scorretta, foriera di ulteriori malattie.
16. In questo quadro, l’alimentazione sana è fondamentale e un’agricoltura orientata a produrre cibo buono, in qualità, e non solo unicamente in quantità, è il fondamento di una prevenzione che inizia dalla tavola e dalla vita quotidiana. Il consumismo e la manipolazione pubblicitaria la fanno da padrone.
Si potrebbero prevenire malattie oncologiche e cardiovascolari, il diabete, l’obesità, l’enorme diffusione delle allergie ecc. Tante risorse, finanziarie e non, si potrebbero risparmiare se il sistema sanitario mirasse a una seria educazione alimentare. A scuola e nel resto della società.
17. Un solo esempio a proposito del cibo come arma da controllare e su cui trarre enormi profitti. Ciò interessa molto le popolazioni delle periferie del mondo. Soprattutto in questa fase di crisi acuta. Ma teniamo presente che questo è il “normale” corso dei rapporti mondiali.
Ogni anno, a causa dell’agrobusiness, il 25% circa dei prodotti agricoli viene sprecato. Il sistema perverso determina il fatto che venga sprecato circa un terzo del cibo, dai campi alla pattumiera delle case dei paesi ricchi. Il riso, il frumento, il mais, i cereali fondamentali per l’alimentazione umana nel mondo, soprattutto per le popolazioni povere, sono soggetti alle speculazioni di grandi gruppi finanziari presso la Borsa di Chicago. Qui si creano enormi profitti con la sola contrattazione dei cosiddetti “certificati”, dei “futures” ecc. Tutto ciò senza il minimo riferimento alla materialità dei cereali stessi.
La follia speculativa, astratta, “alienata”, com’è “alienato” questo mondo. Contrattazioni finanziarie speculative e prezzo a Chicago e la realtà terribile se un bambino o una bambina in una favela in Perù o in uno slum in India riesce a mangiare o meno.
Conclusione
1. Le alternative delineate implicano un nuovo patto sociale. Un New Deal, come semplice evocazione. Con caratteri peculiari nel nuovo contesto contemporaneo. Come nuovo “compromesso socialdemocratico” unito a una necessaria transizione ecologica. Questo pertanto diventa un “Green New Deal”. Sacrosanto, ultimativo.
Tuttavia, malgrado la ragionevolezza moderata di tale programma, è probabile che la gran parte delle oligarchie finanziarie e industriali che oggi dominano il mondo, attraverso organismi sovranazionali, Unione Europea inclusa, e governi nazionali, non si rassegnino a riconsiderare tutto. Al di là delle lodevoli eccezioni di alcuni ambienti intelligenti del capitalismo o dei vari capitalismi su scala mondiale. Ricordando sempre che non esiste il “grande fratello”, ma esistono piuttosto differenti capitalismi e vari dominanti, anche in conflitto tra loro. Esiste invece la logica perversa e impersonale dell’accumulazione e della massimizzazione dei profitti. Costi quel che costi. Anche se sono persona in carne e ossa a diventare miliardari, come gli 8 super ricchi che possiedono tanta ricchezza come 3,6 miliardi di persone del resto del mondo.
C’è il pericolo reale che “dopo di noi il diluvio”. Il disagio sociale e la fame in alcune aree del mondo, anche dalle nostre parti, nel nostro Sud, per esempio, possono sfociare in rivolte caotiche e pericolose. I settori dominanti intelligenti darebbero risposte intelligenti a questo stato di cose. Il riflesso condizionato di molti altri settori dominanti è lo stato di polizia, se non peggio.
È responsabilità delle forze antisistema, anche semplicemente democratiche, di dare senso e orizzonte a questi movimenti spontanei, qualora sorgessero. E la soluzione è sempre la sintesi di organizzazione, lotta quotidiana, politica, cultura, scelta etica.
2. Cultura e scelta etica. La consapevolezza che il sistema è mondiale, immediatamente e non per astrazione. Che occorre il “pensiero planetario”, invocato a suo tempo da padre Ernesto Balducci, come grado minimo, come primissima base, per un discorso serio e sensato sul mondo.
Che tutto cambia a misura della prospettiva con cui si guarda il mondo. E così si cerca di sfuggire all’eurocentrismo, al colonizzatore e all’imperialista che era ed è in noi. E molta sinistra questo non lo faceva e tuttora non lo fa e si cercava e si cerca di guardare il mondo “dal rovescio della storia” (Teologia della Liberazione). Di guardare con gli occhi dei popoli vessati, depredati, umiliati dal colonialismo prima e dall’imperialismo poi. Tutto cambia, ripetiamo, se si guarda dal “rovescio della storia”.
3. In gioco è sempre “l’orizzonte delle alternative”. Al neoliberismo, al capitalismo, all’imperialismo, al razzismo, al sessismo. Dalle lotte operaie dell’Ottocento ai movimenti antisistemici del Novecento, ai Forum Sociali Mondiali, alle organizzazioni sociali e politiche della sinistra mondiale del nostro tempo.
Milano, 10 maggio 2020