Dai sostenitori della riforma costituzionale è stato evocata, quale
conseguenza di una vittoria del SI anche un presunto miglioramento del
nostro sistema sanitario! A ciò è stato dedicato recentemente un
convegno a Roma: “
Riforma costituzionale e salute”, introdotto –
guarda caso – dall’Amministratore Delegato dell’industria farmaceutica
Roche. Ma né il SI (e neanche il NO) sono destinati a curare il nostro
sistema sanitario. Sono le politiche del governo che lo stanno
distruggendo.
Quando si parla di riforma della costituzione, di salute e di
malattia, ci vorrebbe un po’ di pacatezza e di “amore per la verità”.
Proviamo a ragionare. dal blog di Vittorio Agnoletto quest'interessante rapporto
Referendum, rapporto Stato-Regioni e sanità.
- La revisione dell’articolo 117 contenuta nella riforma
costituzionale conferisce allo Stato disposizioni generali e comuni per
la tutela della salute (comma m) e alle Regioni “la programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali”.
In cosa questo si espleterà – se non in una serie di contenziosi fra
Stato e Regioni (e fra Camera e Senato) – è assai poco chiaro. Si tenga
infatti presente che già ora lo Stato interviene definendo nelle
diverse finanziarie, o leggi di stabilità, le risorse per le Regioni, e
che il pareggio di bilancio, al cui risultato le Regioni partecipano, è
stato introdotto nella Costituzione.
- Viene modificato il Senato, che non è più un “doppione” della Camera, unica titolare del voto di fiducia.
Se è, come si afferma, il Senato delle Regioni (senza entrare in merito
alla confusa composizione e modalità di elezioni) l’elemento centrale
di confronto sulle materie di interesse delle Autonomie è la
ripartizione dei finanziamenti, cioè la legge di bilancio. E’ in tale
atto che si concretizza quanto si intende realmente realizzare di asili
nido, di trasporti locali e, certamente, di politiche sanitarie Se
si sottrae questo passaggio al Senato, come afferma l’articolo 81 della
riforma, la ipotetica funzione del Senato quale luogo di rappresentanza
delle regioni è solo uno slogan.
- Esiste – e sussiste anche con la riforma costituzionale – la
Conferenza Stato Regioni, sede di confronto fra i due livelli
costituzionali. Le Regioni che “sforano” i bilanci sono sottoposte a i “… Piani di rientro che si
configurano come un vero e proprio programma di ristrutturazione
industriale che incide sui fattori di spesa sfuggiti al controllo delle
Regioni’‘ (dichiarazione del Ministro della Salute). Per
l’esecuzione dei Piani di rientro (tagliando servizi ai cittadini) in 5
regioni sono stati nominati anche i Commissari ad acta. Quindi uno
strumento di controllo dei bilanci e di correzione è già in atto!
- I Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) sono stabiliti da
un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro della Salute, con il parere della Conferenza Stato Regioni (che
appunto permane) e sentito il Ministero delle Finanze. In
altri termini, se ci sono voluti 15 anni per aggiornare i LEA, ciò è
dovuto essenzialmente all’inefficienze del Governo e non alle Regioni o
alla vetustà di norme costituzionali, che vanno cambiate!
- Vi sono Regioni che, per motivi incomprensibili, sono
“esentate” da questo ritorno centralistico – scarsamente efficace, a mio
parere – dei sistemi sanitari, previsto dalle modifiche all’articolo
117. Non si tratta solo delle provincie di Trento e Bolzano, la
cui autonomia è oggetto di un trattato internazionale, ma anche delle
Regioni autonome di Sicilia e Sardegna. Ora, dovete spiegarmi perché la
Toscana e il Veneto, o l’Emilia Romagna, dovrebbero essere soggette ad
un più cogente indirizzo centralista, mentre Sicilia e Sardegna no. Sono
più virtuose? Hanno performance migliori? I cittadini sono soddisfatti
dei servizi sanitari di quelle regioni e quindi non è necessario un
maggior centralismo?Vediamo qualche dato di sintesi nella successiva tabella, basato su
una serie di indicatori e con una valutazione di quattro performance
tramite un punteggio da 1 a 10: Stato di salute, Equità, Efficienza
offerta, Qualità offerta; della percentuale di pazienti che rinunciano
alle prestazioni per motivi economici (percentuale); della percentuale
degli utenti che si dichiara soddisfatta del servizio sanitario
regionale.
Parametro |
Veneto |
Emilia Romagna |
Toscana |
Sardegna |
Sicilia |
Stato di salute |
7,0 |
6,9 |
6,8 |
5,3 |
3,8 |
Equità |
6,7 |
7,8 |
6,6 |
4,5 |
3,8 |
Efficienza offerta |
6,2 |
7,7 |
7,7 |
3,8 |
4,9 |
Qualità offerta |
5,8 |
6,7 |
6,7 |
5,6 |
5,4 |
Rinuncia alle prestazioni |
7,5% |
7% |
6,5% |
15% |
13% |
Soddisfazione utenza |
64% |
64% |
60% |
57% |
48% |
Fonte: Meridiano sanità, Rapporto 2015. Test Salute 110 – Giugno 2014
Se si ritiene che una revisione dell’articolo 117 sia
necessaria per una maggiore efficienza e una maggiore efficacia, le
prime Regioni a cui applicare le nuove regole dovevano essere proprio
quelle a statuto speciale!
Referendum e farmaci oncologici
A proposito dei presunti effetti benefici della riforma
costituzionale su ogni aspetto della vita dei cittadini italiani, pochi
giorni orsono il Presidente del Consiglio, in un confronto televisivo su
La 7, ha affermato che il SI consentirà di rendere disponibili i
farmaci: “dopo questa riforma la Sanità potrà vedere le stesse
regole in Campania e in Lombardia. Ci sono alcuni farmaci innovativi, i
farmaci oncologici, che per scelta costituzionale (sic!) sono prodotti
che hanno singole autorizzazioni regionali”.
Le regole, in realtà, non c’entrano niente! I farmaci, in Italia,
sono oggetto di una approvazione da parte dell’AIFA, che è – come il
Presidente del Consiglio sa certamente – l’Agenzia Italiana del Farmaco.
Basta andare sul sito per verificare che: “Tutti i farmaci, per essere immessi in commercio, necessitano che sia loro attribuito un prezzo ed una classe di rimborsabilità,
cioè se il farmaco è a carico del Servizio Sanitario Nazionale
(medicinale di classe A e H) o del cittadino (medicinale classe C). La
classe di rimborsabilità viene individuata durante la procedura di
Autorizzazione all’Immissione in Commercio.
Per i medicinali a carico del cittadino (classe C) l’AIFA svolge
un’azione di monitoraggio sui farmaci con obbligo di prescrizione
(ricetta), verificando il rispetto di due condizioni:
- il prezzo del medicinale può essere aumentato ogni due anni (negli anni dispari);
- l’incremento non può superare l’inflazione programmata.
Per i medicinali rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale (classe A
e H), all’interno dei quali rientrano i farmaci oncologici, esiste un
processo di negoziazione dei prezzi che coinvolge l’AIFA e l’azienda
titolare dell’Autorizzazione all’Immissione Commercio.”
Gli acquisti diretti, da parte delle Regioni o Aziende sanitarie,
sono effettuati con riferimento ai prezzi stabiliti a livello centrale,
con ribassi minimi, imposti dal Ministero della Salute attraverso
l’AIFA, che possono variare dal 33,35% al 50% del prezzo al pubblico.
Pertanto non ci sono autorizzazioni regionali e la riforma costituzionale proposta non c’entra niente,
a meno che non vi sia un qualche comma – che a me è sfuggito – che
stabilisca che la Ministra Lorenzin acquisti lei direttamente i farmaci a
prezzi da inventarsi e ne effettui la distribuzione ai pazienti nelle
varie regioni!
Le differenze di reale disponibilità da regione a regione esistono e
dipendono da una differente qualità ed efficienza dell’offerta a cui
si dovrebbe mettere mano con una attenta
governance dei sistemi
sanitari, regole più semplici ed efficaci, distanza del Governo dalle
lobby (anche farmaceutiche!), adeguati finanziamenti.
Perché non è facile accedere in alcune regioni a adeguati
trattamenti? Perché ci sono liste di attesa lunghe e talora, per
“mancanza di quattrini” perfino i farmaci scarseggiano?
Vediamo qualche provvedimento, che con la revisione della
costituzione non ha niente a che fare, ma che faciliterebbe l’accesso ai
farmaci:
Sprecare meno farmaci. Molti farmaci finiscono nel
cestino per un corrispettivo che ammonta a circa 1,6 miliardi! (Sole 24
Ore Sanità 27/9/2016). Ciò avviene non perché i pazienti, che pagano
salati ticket, si divertano a buttarli via, ma perché in Italia la
proposta, reiterata in molte sedi e da autorevoli ricercatori
(Garattini), di imporre confezioni dimensionate secondo la prescrizione
(come in molti paesi), al momento di trasformarsi in norma, viene
bianchettata “
dalla mano invisibile del mercato”. Così se avete
bisogno di 6 compresse di antibiotico, la confezione minima è – ad
esempio – di 10. Poi, se non utilizzate le altre 4 compresse, scadono
(vanno nel cestino). Se invece avete la fortuna – si fa per dire – di
riammalarvi e di avere la stessa prescrizione, potete riutilizzare le 4
compresse ma, poiché il ciclo tipico è di 6, ne comprate una seconda
confezione da 10 compresse e ne avanzano 8!
Ricorrere alla licenza obbligatoria per alcuni farmaci salvavita:
In questo caso lo Stato, se ha un Governo che autorevolmente si
preoccupa della salute dei cittadini, produce il farmaco come generico.
Un ricorso “eccezionale”, previsto dalle normative internazionali, che
tuttavia Governo e Ministro competente non prendono in considerazione,
come richiesto anche dagli Ordini dei Medici, neanche per il farmaco
salvavita per l’Epatite C (vedi
Dossier Epatite).
Finanziare adeguatamente il Servizio Sanitario Nazionale.
Il nostro Sistema sanitario è sottofinanziato e le risorse decrescono
progressivamente! I tagli di personale sono stati rilevantissimi: dal
2010 al 2014 si è avuta una riduzione di 24.000 unità di personale. Il
finanziamento si è progressivamente ridotto e non aumenterà fino al
2025!
Questa mia affermazione “riduzione del finanziamento” verrà smentita,
cifre alla mano, dichiarando che due anni fa il finanziamento è stato
di 109,0 miliardi e nell’ultimo anno di 111 miliardi. Quindi, 1 miliardo
e 100 milioni in più!
A questa osservazione rispondo con un esempio da manuale:
Sono il responsabile dei Vigili del Fuoco e ho ricevuto dal mio
Governatore 100.000 € per l’acquisto di 10.000 litri di benzina. Il
prossimo anno il mio territorio di competenza aumenterà del 10% e si
prevede un periodo di estrema siccità e di aumentato pericolo di
incendi. La benzina è aumentata da 1€ a litro a 1,5€ e quindi ho
concordato con il Governatore un finanziamento per l’acquisto di
carburante pari a 160.000 €, che lui ha promesso pubblicamente prima
delle elezioni. Poi, passate le elezioni, vengono stanziati 110.000 € e
allora io protesto pubblicamente perché non potrò più fare tutti gli
interventi e dichiaro:
“Il finanziamento è stato ridotto”.
“Non è vero. L’ho aumentato di ben 10.000€”.
Ma io non metto i soldi nei serbatoi, ma il corrispettivo di quanto acquisto di benzina con quei soldi!
Questo è quello che succede in sanità e rappresenta in sostanza il dibattito in corso sul finanziamento del SSN:
vi è un aumento di pazienti (più anziani, aumento della prevalenza per
aumento della sopravvivenza etc.), un aumento dei prezzi (farmaci
biologici, nuovi farmaci oncologici, vaccini, farmaci per l’epatite C,
etc), un aumento delle prestazioni (i nuovi Lea), la necessità di
rinnovare un parco tecnologico obsoleto…
Io non inietto monete da 1 Euro e non curo i pazienti coprendoli di
carta moneta, ma con il corrispettivo dei “prodotti” che acquisisco.
Se i finanziamenti per la sanità non aumentano rispetto al
modesto PIL, ma tale rapporto – fra i più bassi d’Europa – addirittura
si riduce, il sistema sanitario nazionale, i suoi operatorie e, in primo
luogo, i pazienti, saranno sempre in maggiore difficoltà!