Attraverso Andrea Vento insegnante e giornalista di Pisorno e coordinamento del Giga pubblichiamo l'articolo di Alberto Negri sulla geopolitica del gas e dei gasdotti, argomento sottaciuto dalla stampa piu' conosciuta
Vertice Nato. Il gas fa esplodere le contraddizioni Usa-Europa
Geopolitica. Il conflitto dei gasdotti
Come
si diceva un tempo, i nodi vengono al pettine. E il nodo sono gli
opposti interessi tra Stati uniti, i partner della Nato e dentro la
stessa Alleanza. Ma questa situazione la dobbiamo anche a Londra e
Parigi che hanno sostenuto i piani Usa in Medio Oriente.
Per favorire Arabia saudita e Israele e
distrutto nel 2011 la Libia, la nostra pompa di benzina. Non è un caso
che il regno wahabita sia il più importante acquirente di armi americane
e francesi, i due maggiori esportatori bellici del mondo: a Bruxelles
Trump, per ragioni di equità, avrebbe dovuto chiedere non alla Germania
ma ai francesi un aumento delle spese per la Nato perché al momento sono
loro, e gli inglesi, che ci guadagnano di più a stare nell’Alleanza. I
nodi vengono al pettine perché l’Europa (con Russia e Cina) dovrà
affrontare tra poco la questione delle sanzioni all’Iran sul petrolio e i
commerci con la Repubblica islamica. A Trump stanno a cuore due
questioni: portare a casa l’accordo con la Corea di Kim (e qui gli serve
un mano da Russia e Cina) e mettere in un angolo l’Iran come chiedono
insistentemente Israele – il Paese più influente a Washington – e i
sauditi.
All’Italia
questo scherzetto americano con l’Iran potrebbe costare 27 miliardi di
euro di commesse e un export di 1,7 miliardi l’anno. Altro che aumento
delle spese per la Nato: qui ci possiamo permettere ben poco, per questo
l’Italia deve attrezzarsi creando magari un’istituzione in euro ad hoc
per aggirare le sanzioni Usa che da novembre congeleranno i pagamenti
con Teheran. Vedremo se anche questa volta piegheremo come al solito la
testa davanti a Usa e Israele.
Nella partita rientra la strategia del gas:
l’Iran con il mega giacimento di South Pars a regime potrebbe fornire
all’Europa gran parte del suo consumo annuale (500 miliardi di metri
cubi). Questo è un argomento che infastidisce tutti perché è
politicamente e moralmente imbarazzante: sotto la minaccia dell’atomica
di Pyongyang si sdogana la Corea del Nord ma si esclude l’Iran che ha
firmato un accordo sul nucleare nel 2015. Un messaggio devastante che
irride la legalità internazionale.
La
guerra di Siria voluta nel 2011 dalla signora Clinton con i suoi
alleati turchi e arabi e appoggiata da Francia e Gran Bretagna era
diretta tra l’altro a bloccare i progetti di pipeline iraniane sulle
sponde del Mediterraneo. Ora l’Iran, secondo Paese al mondo dopo la
Russia per riserve di gas, è stato regalato alla Cina che tra l’altro ha
acquistato le quote dei giacimenti della francese Total nella
repubblica islamica. Se l’Europa perde peso nel mondo lo deve alla sua
insipienza.
L’Europa ha molti fornitori che
possono concorrere a diminuire la quota di import di gas dalla Russia _
diversificare i fornitori è la prima regola dei Paesi consumatori _ ma
gli Usa e gli stessi europei hanno fatto di tutto per distruggere questa
possibilità. La guerra in Siria era diretta a fermare l’Iran, una
guerra per procura contro il nemico di Israele, mentre quella in Libia
voluta dalla Francia ha drasticamente ridotto la chance del gasdotto
Greenstream con l’Italia: oggi il gas libico viene consumato quasi tutto
all’interno.
Questi disastri nel Mediterraneo sono stati combinati non dalla signora Merkel ma da Obama, Sarkozy e Cameron.
Ora
Trump vorrebbe che la Germania rinunciasse a realizzare il raddoppio
del Nord Stream 2 anche in vista delle scadenze dei contratti con
l’Ucraina per il gas russo. In sintesi Washington vuole imporre sanzioni
a Mosca attraverso Berlino (aspettiamo notizie da Salvini che dopo aver
battuto la grancassa oggi non dice nulla). Una partita spinosa che
tende a separare il destino dell’Europa occidentale da quella orientale:
i polacchi dal 2022 prenderanno il gas liquido degli americani. Un
affarone visto che viene da 10mila chilometri ma che gli Stati uniti
venderanno con lo sconto pur di coccolare Varsavia.
Gli Usa favoriscono il
Southern Gas Corridor in Azerbaijan e Turchia, per portare il gas del
Caspio in Europa e in Puglia entro il 2020. In parte per l’Italia, che
ha già dovuto rinunciare al South Stream con Mosca (2 miliardi di
commesse Saipem), è una buona notizia ma la portata di questa pipeline è
di 10 miliardi di metri cubi l’anno, assai inferiore alle forniture di
Russia, Iran, Libia, della stessa Algeria o in futuro dell’Egitto
(Eni-Zhor) e delle contese piattaforme continentali di Cipro, Libano e
Israele, Gaza. Con la Libia e l’Algeria abbiamo due gasdotti e le pompe
di energia sotto casa, con evidenti benefici nell’interscambio
bilaterale, ma dovremmo andare a prenderlo in Caucaso per fare un favore
agli Usa: avrebbe un senso se Washington ci sistemasse la Libia, la
pompa sotto casa, ma sappiamo che non è così.
Ma
c’è di più. Si profila un nuovo scontro americano con Erdogan. Negli
accordi tra Ankara e Mosca c’è la ripresa del gasdotto Turkish Stream
che fa parte dell’intesa per sistemare la Siria nel Nord e mantenere al
potere Assad. Cosa farà adesso Erdogan con gli Usa è un altro
interrogativo interessante perché la partita siriana è complessa: Putin
non può mollare l’alleato Iran sui due piedi, gli Stati Uniti e Israele
ne chiedono il ritiro dalla Siria e lo strangolamento economico.
Lo slogan America First, dove
rientrano interessi commerciali, energetici, militari, dazi e sanzioni,
è una portata indigesta frullata da Trump in un miscelatore che tra
breve servirà una maionese impazzita: e al tavolo, soprattutto al
nostro, si pagherà un conto salato.
Stato
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