Riportiamo volentieri l'intervento di Eliana Como al direttivo nazionale CGIL di oggi 23.07.2018
Prima di iniziare, ci tengo a dire una cosa che non c’entra con
questa discussione. È avvenuta un po’ di tempo fa, ma aspettavo a dirla a
voce alla segretaria generale ed è la prima volta che la vedo. Ho letto
dei commenti disgustosi sulla nostra partecipazione – e in particolare
sulla sua presenza – al Pride di Roma. Su una foto (bella!) di Susanna
accanto a due gay, ho letto commenti pieni, non soltanto di omofobia, ma
anche di misoginia. E siccome penso che prima di tutto siamo una
organizzazione di uomini e donne (per fortuna!), ci tenevo a dare a
Susanna, di persona, la mia solidarietà.
Ora però ho cose un po’ più sgradevoli da dire. Nell’introduzione la
segretaria ha detto che, di fronte alla situazione politica che stiamo
vivendo abbiamo la straordinaria opportunità di fare migliaia di
assemblee per parlare con i lavoratori e le lavoratrici. E ha detto che,
tanto più in questa fase e con questo clima, è importante avere la più
alta partecipazione possibile a questo congresso.
Guardate, io sono d’accordo, ma non mi torna qualcosa! Perché quello
che vedo io, da quando è iniziato il congresso, ormai un mese intero, è
esattamente il contrario: le assemblee proprio non si fanno (ci sono
intere categorie e territori che dal 20 giugno non hanno fatto mezza
assemblea) oppure si fa di tutto perché non ci si possa confrontare.
Allora, visto che la segretaria nell’introduzione ha lamentato che ci
sarebbe da parte di chi sostiene il secondo documento “poco senso di
appartenenza”, vi dico cosa invece non piace me di quanto sta accadendo
in questo congresso. E sono tante cose, credetemi, però – diciamo così –
su alcune “sorvolo”. Sorvolo non significa affatto che mi vanno bene.
Ma solo che qui “sorvolo”… (si fa per dire).
Sorvolo, per esempio, sulle assemblee dello SPI convocate nelle sedi del PD. È accaduto a Genova e a Bologna.
Sorvolo su assemblee dove votano in migliaia con seggi aperti cinque
giorni senza alcuna comunicazione alla commissione di garanzia. È
accaduto a Roma, all’ospedale Bambin Gesù.
Sorvolo sulle assemblee spostate a blocchi di 10, tutte insieme. Non
so per quale evento improvviso o imprevedibile, se non il fatto che si
fossero segnati per partecipare i relatori del secondo documento. Dove
poi mi segno io, salvo rare eccezioni, “rimandata a data da destinarsi”.
È accaduto alla Fiom di Firenze.
Sorvolo anche sulla incredibile diversità di partecipazione: dove
sono presenti i relatori del secondo documento (qualche decina di
persone); dove noi non ci siamo, sono tutti presenti tutti e tutti
votano.
Sorvolo anche sul fatto che non ho ancora visto – giuro! – una stampa
del documento. Susanna, se i documenti brevi servivano a non
distribuire le sintesi e consegnare invece i documenti interi, sappi che
invece non si consegnano né gli uni né gli altri.
Sorvolo qui in questa sede. Ripeto, non perché sia disposta a lasciar perdere, tutt’altro. Minoranza sì, ma ingenui proprio no!
Il punto è che, sebbene sia relativamente più giovane di quasi tutti
voi, non è il primo congresso che faccio. E peraltro li ho fatti tutti
in minoranza. Anzi quasi tutti. Perché un congresso, quello del 2010, mi
è pure capitato di farlo nella maggioranza della mia categoria
(minoranza nella Cgil, ovviamente). Quando era la mia categoria a
presentare un documento alternativo e a pretendere il rispetto della
democrazia e della pari dignità. Anche se forse per qualcuno è storia
così passata da esserselo dimenticato.
Lo sapevo che MAI ci sarebbe stata pari dignità nella presentazione
dei due documenti. Che le CGT sarebbero state autoreferenziali, che ci
sarebbero stati i seggi aperti per giorni. Non vengo qui a fare Alice
nel paese delle meraviglie. Lo sapevamo anche quando abbiamo difeso
nella commissione del regolamento la possibilità stessa che ci fosse un
documento con il 3% del direttivo e si potesse presentarlo nelle
assemblee. Vi ricordate, no? Discussione e regole che abbiamo tutti
condiviso. Tanto che, piaccia o meno (e qualcuno non piace proprio), in
questo congresso ci sono due documenti, perché quelle regole abbiamo
condiviso.
Allora, sorvolo su tutto questo, ma non tollero (e non capirei come
potreste tollerare voi) che quanto sta accadendo in questa prima fase
del congresso va bene oltre la pure sacrosanta illusione della pari
dignità dei documenti, perché si sta umiliando e mortificando un
documento e con esso (cosa ben più grave) i compagni e le compagne che
lo sostengono.
Non posso tollerare che si convochino assemblee congressuali in
aperto contrasto con i delegati di fabbrica, programmandole durante il
periodo di ferie, che sia il 31 luglio o il 4 settembre, come è accaduto
a Firenze alla Gkn.
Non posso tollerare che un segretario generale si arroghi a tal punto
del suo potere di convocare le assemblee da impedire di farle quando le
propone il funzionario e i delegati, rimandandole chissà quando a
settembre, quando probabilmente quei lavoratori saranno in cassa
integrazione. Rispondendo come se niente fosse: le assemblee si fanno
quando come e SE lo decido io. È successo alla Same di Treviglio, 18
delegati su 22, tutti dell’area e 600 iscritti alla Fiom.
Non posso tollerare che in alcune fabbriche di Brescia, i funzionari
della Fiom possano a tal punto sostituirsi al padrone, dal mettersi loro
a dire chi può entrare in fabbrica a fare l’assemblea e tenere fuori un
COMPAGNO della stessa categoria ma di un territorio accanto,
regolarmente accreditato presso la Commissione di garanzia. “Tu sei di
Bergamo, cosa vuoi qui a Brescia”. Con il padrone disponibile a farti
entrare e il funzionario Fiom che ti tiene fuori. Sostenendo poi in una
lettera alla Commissione “oggi si sono presentati a fare il congresso
PERSONE non meglio conosciute che si sono qualificati come relatori del
secondo documento”. Estranei insomma. Parliamo di compagni del Comitato
centrale della FIOM, del direttivo regionale della FIOM e persino del
direttivo della CGIL Lombardia.
E, finisco, non posso tollerare che si possa dire a una compagna di
questo direttivo nazionale che NON può andare a fare una assemblea
congressuale nella catena di supermercati dove lei stessa lavora perché,
per non si capisce quale strana regola inventata a questo congresso, si
è annunciata solo 36 ore prima invece che 48 (ma anche qui, mica è
l’azienda che fa problema, è la segretaria organizzativa). È successo
alla Filcams di Bologna. E fin troppo garbata è stata la compagna da non
forzare e pretendere di entrare lo stesso, per non creare tensioni di
fronte ai lavoratori e alle lavoratrici. Come d’altra parte hanno fatto a
Brescia, i compagni del secondo documento: fin troppo bravi a non
raccogliere le provocazioni, nonostante siano stati pesantemente
insultati e in qualche caso più o meno aggrediti. Ragione per cui, ve lo
dico subito, non mi venite a dire (già alludeva a questo
l’introduzione), che sono i nostri compagni a offendere o perdere la
calma. Non me lo dite, perché talmente tanto è falso che per dimostrare
che noi insultiamo, ho sentito che si citano comunicati non nostri, di
organizzazioni politiche di cui proprio non rispondo. E si vede che se
si citano comunicati di altri è proprio perché non si è trovato di
meglio cercando tra i nostri documenti.
E non mi dite nemmeno: fai ricorso. Certo che lo faccio. L’ho già
fatto! Ma il tema non è il regolamento, o meglio non è solo il
regolamento. Il punto è politico. Risponde così anche la CGN, sul
quesito che su questi episodi ho presentato e che, giustamente!, mi
risponde esattamente che non può esprimersi perché il punto è politico,
non regolamentare. Per questo lo porto qui a questo direttivo. Certo che
il punto è politico, perché attiene al rispetto di compagni e compagne
di questa organizzazione, indipendentemente dalla loro opinione. Non si
tratta nemmeno della dignità di un documento! Si tratta di rispetto dei
nostri compagni.
Lo dico soprattutto a te Susanna, visto che hai detto
nell’introduzione che avremmo “poco senso di appartenenza”. Chi ha poco
senso di appartenenza? Delegati che si prendono giorni di ferie per
andare a fare assemblee nelle quali non li fanno nemmeno entrare oppure
segretari che rispondono “si fa come quando e se voglio io” e si
sostituiscono al padrone con “tu in questa fabbrica non entri perché non
sei di Brescia”.
E saremmo noi ad avere “poco senso di appartenenza”?!!! Ma che
dobbiamo fare più di così per dimostrare senso di appartenenza! Oppure
“senso di appartenenza” significa che non dobbiamo avere una posizione
differente da quella della maggioranza! Quello continuerò ad averla,
finché le regole me lo consentiranno, non ci sono dubbi. Poi se volete,
mi metto anche la spilletta della Cgil per dimostrarvi senso di
appartenenza. Se me la regalate, la metto anche subito.
E guarda, Susanna, ho denunciato dei casi specifici, nominandoli per
nome e per cognome. Tu nell’introduzione hai citato una condizione
generica. Ti invito a circostanziare episodi che pensi violino il nostro
senso di appartenenza. Se ci sono cosa di cui devo rispondere come
prima firmataria del documento, sono disposta a farlo anche subito.
Altrettanto però chiedo a te e alla segreteria di rispondere a quello
che ho appena denunciato io.
Eliana Como
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