2016:
Triste, solitario y final
L’anno
2016 si è chiuso ed una frenesia di ricordi affollano il cuore più
che la memoria.
Il
2016, in Palestina, si è caratterizzato per la lotta dei prigionieri
contro la "detenzione amministrativa" (senza processo), per
la rinnovata cooperazione dell’Anp con le forze di occupazione
israeliana e per la continua divisione tra l'Anp e il movimento
islamista Hamas.
Era
il 13 giugno e fuori da una delle prigioni israeliane non c'era il
deserto di sempre, come i soliti giorni d’estate, con il caldo
feroce come i muri di cinta. Una moltitudine di uomini, donne e
bambini sfidavano la calura e l'arroganza di quelle mura, di quegli
uomini armati; erano felici, qualcuno sventolava la bandiera della
Palestina.
Aspettavano
allegri che finalmente, dopo una condanna a 14 anni e mezzo, tornasse
libero Bilal Kayed, militante del Fronte Popolare per la Liberazione
della Palestina (Fplp). C'erano familiari, amici, compagni e compagne
di lotta oltre al loro avvocato. Dopo alcune ore è proprio il
telefono di questo che ha squillato. Gli israeliani gli hannno
comunicato che Bilal Kayed era stato trasferito in altra prigione e
condannato a sei mesi di detenzione amministrativa. Lo avevano deciso
6 giorni prima, in segreto.
Chi
è Bilal Kayed?
Bilal
Kayed, 35 anni, era stato arrestato il 14 dicembre 2001, con l'accusa
di essere un membro del Fplp e di aver partecipato in operazioni di
resistenza all'occupazione durante la seconda Intifada. Sottoposto a
duri interrogatori per quasi due mesi, si è rifiutato di fornire
qualsiasi informazione. Quindi è stato processato da un tribunale
militare e condannato a 14 anni e mezzo.
Cosa
è la detenzione amministrativa
Non
è una pratica di recente acquisizione. Poggia le proprie fondamenta
sull’articolo 111 della legge sullo Stato di Emergenza del Mandato
Britannico emanata nel settembre del 1945. Israele iniziò ad
adottarla in modo sistematico con l’occupazione della Cisgiordania
e della Striscia di Gaza nel 1967. Non prevede un processo ma
l'arresto e la detenzione per sei mesi rinnovabili teoricamente
all'infinito di una persona "sospetta" solo sulla base di
indizi, spesso molto vaghi, forniti dai servizi di intelligence.
Khaled
Barakat, coordinatore della Campagna per la liberazione del
Segretario generale del Fplp Ahmad Sa'adat (in carcere dal 2002 in
Israele), spiega: "La lotta per la liberazione di Ahmad Sa'adat
e per i prigionieri palestinesi...riflette anche la forza della
volontà politica del popolo palestinese. Il sostegno popolare ai
prigionieri è un referendum a favore della resistenza e del
movimento dei detenuti politici riconosciuto come la leadership
autentica e legittima del movimento di liberazione nazionale
palestinese”.
Cooperazione
di Sicurezza Israele-Anp
L'attuale
situazione in Palestina non è rosea solo a causa dell’occupazione
militare. A nostro avviso oggi incide soprattutto la collaborazione
di sicurezza tra l'Anp e Israele. Appena qualche settimana,
denunciano
fonti dell'opposizione palestinese, fa la polizia dell'Anp avrebbe
assassinato un detenuto palestinese picchiandolo a morte.
Più
volte l'Anp ha annunciato l'intenzione di sospendere tutte le
operazioni per la sicurezza coordinate con Israele. Lo ha fatto un
suo alto dirigente come Jibril Rajoub, a seguito della morte di un
importante dirigente di Fatah impegnato contro la confisca delle
terre, Ziad Abu Ein – dopo essere stato aggredito e preso alla gola
da un soldato israeliano - da lui definito “omicidio premeditato”.
Lo ha fatto anche Saeb Erekat, responsabile per i negoziati di pace
con Israele. Quest’ultimo si è spinto a dichiarare che l’Anp
avrebbe prodotto un documento ufficiale sulla cessazione della
cooperazione e che sarebbe stato diffuso dopo qualche ora. Lo stesso
Abu Mazen ha minacciato di sospendere la cooperazione per la
sicurezza con Israele in numerose occasioni.
Il
giornalista palestinese Khaled Abu Toameh ha calcolato che Abu Mazen
ha rivolto questa minaccia 58 volte.
Questa
cooperazione non è un segreto. Il Palestine Papers, il più
importante dossier di documenti confidenziali sui decennali negoziati
israelo-palestinesi, ha reso noto i contenuti di questo accordo.
Tutto
ebbe inizio nel 2006, a seguito delle elezioni politiche generali
vinte da Hamas. Il periodo marzo/dicembre 2006 è stato segnato da
numerose aggressioni e scontri che portarono all’uccisione di
esponenti di Hamas e Fatah. Più di 600 palestinesi sono rimasti
uccisi in scontri, agguati e combattimento tra i due partiti
palestinesi rivali fra il gennaio 2006 e il maggio 2007.
Da
allora sono passati oltre 10 anni e nessun passo in avanti è stato
compiuto dai due contendenti, anzi, si sono radicalizzate le
posizioni ed i poteri di casta, in Cisgiordania controllata dall'Anp
come a Gaza sotto l'autorità di Hamas.
Questo
nonostante gli appelli provenienti da parte dei prigionieri
palestinesi di tutte le fazioni fin dal gennaio 2007, infatti
scrivevano: “Dalle nostre celle, richiamiamo i nostri fratelli e
sorelle, a ricordare l’importanza dell’unità, alla luce della
crescente divisione nel seno del popolo.. In applicazione di questo,
noi condanniamo unanimemente, gli atti di assassinio, sequestri e
l’abuso di vandalismi verbali. Queste sono le scintille che portano
alla catastrofe e che dobbiamo prevenire a tutti i costi”. Ed i
compagni del Fplp: “mettiamo in guardia contro ogni tentativo
palestinese di contare sull’atteggiamento americano o di accettarne
l’interferenza, sottolineando che l’arma più potente per
contrastare queste politiche è un fronte nazionale unito, ed urge un
serio ed esaustivo dialogo nazionale Palestinese per affrontare la
sfida, metter fine alla divisione e costruire un programma politico
nazionale unificato”.
Firmatari
di questo documento furono per Fatah: Marwan Barghouti. Per Hamas:
Abdul Khalek el-Natche. Per il Fplp: Ahmad Sa’adat. Per il Jihad
islamico: Bassam el-Saadi. Pero il Fronte Democratico: Mustafa
Badarni. Il documento, datato gennaio 2007, è stato l’ultimo, poi
è calato il silenzio, tombale, come evidentemente voleva da Israele
che poi ha relegato i prigionieri in celle ancora più isolate.
I
dirigenti del Fplp
scrivevano in comunicato dell’8 luglio 2009, con cui denunciano
l’approvazione statunitense di 2500 unità abitative negli
insediamenti coloniali israeliani in Cisgiordania: “mettiamo in
guardia contro ogni tentativo palestinese di contare
sull’atteggiamento americano o di accettarne l’interferenza,
sottolineando che l’arma più potente per contrastare queste
politiche è un fronte nazionale unito, ed urge un serio ed esaustivo
dialogo nazionale palestinese per affrontare la sfida, metter fine
alla divisione e costruire un programma politico nazionale
unificato”. E crediamo che qualche buona ragione l’avessero nello
scrivere quelle parole.
Il
2016 è stato anche l’anno record di minorenni uccisi da Israele.
Secondo
l'ong Defence for Children International- Palestine, sono 31 i
giovanissimi palestinesi che sono morti per mano dell'esercito
israeliano (81 i feriti) tra la Cisgiordania e Gerusalemme est.
L'ultimo
è stato il 15enne Farid Ziyad Atta al-Bayed morto il 23 dicembre
dopo 69 giorni di coma. Faris era rimasto ferito negli scontri con i
militari di Tel Aviv divampati lo scorso 15 ottobre nel campo
profughi di Jalazoun (vicino a Ramallah).
Nel
suo rapporto l'ong denuncia come per queste morti le autorità
israeliane non hanno mai accusato nessun soldato, ed inoltre in molti
casi in cui sono rimasti feriti o uccisi i minorenni, le operazioni
di soccorso sarebbero state rallentate dalle forze armate israeliane.
L'inflessibilità
mostrata dalle autorità israeliane contro i palestinesi diminuisce
quando a sparare sono gli israeliani. Emblematico il caso di Elor
Azarya, il soldato accusato di aver ucciso a Hebron lo scorso marzo
un presunto aggressore palestinese gravemente ferito e inerte a
terra. Ieri ad Azarya è stato concesso di fare ritorno a casa per
"una breve pausa" (fino a domenica) in vista della ormai
prossima sentenza. Il 19enne – "eroe" per gran parte
degli israeliani – da aprile è in "detenzione aperta" in
una base militare israeliana dove è libero di muoversi e ricevere
visite dei familiari. Un trattamento di tutto rispetto che contrasta
nettamente con quello che spetta ai detenuti palestinesi.
In
palestina non se la passa bene neanche il mondo dell'informazione.
Martedì il Centro palestinese per lo sviluppo delle libertà dei
media (Mada) ha rivelato come il mese di novembre abbia registrato un
significativo aumento nelle violazioni contro la stampa. La maggior
parte delle infrazioni, ha denunciato Mada, sono state commesse dalle
forze armate israeliane. Secondo lo studio della ong che ha base a
Ramallah, solo lo scorso mese sono state registrate nei Territori
Occupati 31 "violazioni contro la libertà dei media": 27
compiute dai militari di Tel Aviv (erano state 11 ad ottobre) e 4 da
parte dell'Autorità palestinese. Tra i reati commessi dai soldati
israeliani, Mada ha denunciato le restrizioni di movimento per molti
giornalisti, i raid presso le redazioni, la distruzione di proprietà
e la detenzione degli operatori dell'informazione palestinesi.
Triste,
solitario y final
non perché pensiamo che la realtà in Palestina nel 2016 sia una
situazione senza alcuna prospettiva, anzi. Il popolo palestinese
resiste da oltre 70 anni, resiste nonostante i molti tradimenti dei
paesi arabi, nonostante i paesi occidentali siano sempre e comunque
schierati con Israele.
Il
popolo palestinese è sopravvissuto ad innumerevoli aggressioni e
massacri di inaudita ferocia, dalla Nakba a Tel al-Zaatar, da Sabra e
Chatila a Piombo Fuso, continuamente fino al 2016, ma ha sempre
trovato in se forza e dignità per rialzarsi e resistere
all’occupazione.
Crediamo
che le contraddizioni esistenti da molti anni saranno superate.
Crediamo che le forze vive, sinceramente rivoluzionarie sapranno
sconfiggere l’ideologia borghese reazionaria che vive nel movimento
di liberazione palestinese.
Con
questa certezza, che non è solo un augurio, andiamo verso il 2017.
Con
la Palestina nel cuore.
Francesco
Giordano
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