Il 10 gennaio 2015
è scomparso all'età di 92 anni il grande regista e sceneggiatore italiano
Francesco Rosi, senza ombra di dubbio uno dei cineasti maggiormente capaci di
leggere la realtà e denunciarne le contraddizioni, proseguendo idealmente il
messaggio del cinema neorealista e diventando di fatto portabandiera del film
d'inchiesta.
Con i suoi lavori
ha raccontato un secolo di storia italiana, scandali, corruzione e piaghe della
nostra società anticipando i tempi, senza veli né censure. Tra i titoli
maggiormente significativi spiccano “Il Caso Mattei”,
“Uomini Contro”, “Cristo si è fermato a Eboli”, “Salvatore Giuliano”, “La
tregua” e “Le mani sulla città”, del 1963, in
cui diresse Rod Steiger. La pellicola fu premiata con il Leone d'Oro al Festival
di Venezia e la ricorderemo per sempre come manifesto ideale del suo stile e del
suo particolare modo di coniugare cinema e denuncia. Egli trattò con coraggio le
collusioni esistenti tra i diversi organi dello Stato e lo sfruttamento edilizio
a Napoli.
Purtroppo,
nonostante tutti i titoli sopracitati, sentiremo comunque la mancanza di un film
su Che Guevara, Fidel Castro e la rivoluzione Cubana rimasto nel cassetto di
Rosi, che sicuramente sarebbe stato un capolavoro e avrebbe fornito
un’interessante chiave di lettura storica e sociale di quel
Paese.
Attore prediletto
di Rosi fu Gian Maria Volontè; insieme scrissero alcune delle pagine più
importanti del cinema italiano e seppero raccontare con realismo e incisività
storie di piccole miserie e di grande umanità.
A riassumere il
pensiero di Rosi ci pensa il regista stesso in un’intervista di anni fa, in cui
Curzio Maltese gli fece notare che i suoi film avrebbero dovuto essere
proiettati a scuola in quanto perfetti per raccontare il sistema, al che egli
rispose:
«In effetti quei film hanno anticipato ciò che è poi successo nel Paese. E sono ancora attuali. Quando mi chiedono: non ti viene voglia di fare un film sull’Italia di oggi, su ciò che sta succedendo? Io rispondo che questi argomenti li ho trattati per tempo. Non avrebbe senso ripetersi. Bisogna andare avanti. Bisogna cercare di capire come si può uscire da questa specie di baratro nel quale siamo finiti».
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