ll
vento del No
Lobby
e potere mediatico non bastano contro il popolo che si organizza
Di Pacifico
Il
voto del 4 dicembre ha dato un esito assai positivo, sia pur per
niente scontato. Con un’affluenza di quasi il 70% (molto più alto
rispetto alle precedenti elezioni), il 59% dei votanti ha rimandato
al mittente una controriforma costituzionale di stampo autoritario.
Una riforma che, in combinazione con l’Italicum, avrebbe tolto
ulteriormente rappresentanza ai cittadini e reso la vita ancor più
facile a industriali, finanzieri, lobbisti e alle perfide Alleanza
Atlantica (nell’articolo 78 si dava alla maggioranza della sola
Camera la possibilità di deliberare lo stato di guerra) e Unione
Europea (nella proposta di riforma costituzionale nell’articolo 117
si dava esplicita podestà legislativa all’Unione Europea, sancendo
ancor più chiaramente la nostra subordinazione ad un trattato
internazionale che ha portato come unico effetto il peggioramento
dele condizioni materiali e quotidiani dei settori più deboli della
popolazione).
L’epilogo
del 4 dicembre non può che essere una boccata d’ossigeno, dopo
anni di ripiegamento e riflusso.
Dopo
anni, si è rivista una forte mobilitazione popolare (sia pur assai
etereogenea) tramite vari comitati cittadini che con impegno e
costanza si sono battuti, in maniera capillare, informando e spiegado
i rischi di una riforma che ci avrebbe portati indietro di cento
anni. Altro che novità! Il compito non era facile per niente, di
fronte si aveva il primo partito in Italia in termini di voti (il
PD), tutto il potere finanziario e confindustriale (vedere Briatore e
Marchionne), i capi delle principali potenze colonizzatrici
dell’Italia (con cui la borghesia “nostrana”, dando
orgogliasamente sfoggio della propria vigliaccheria, svende, per
propri interessi economici di parte, la sovranità nazionale e il
benessere del popolo), come il pallido Obama e il panzer Merkel,
oltre che una schiera di putridi intellettuali conformisti alla
Benigni, Sorrentino, Ozpetek, Favino, Gabriele Salvatores, Paolo
Virzì e via vomitando, con la loro aria di finti progressisti, ma
autentici e putridi radical chic, che dalle loro case di lusso
snobbano e disprezzano il popolo, sempre pronti ad essere servi del
potere.
Nel
fronte del No, oltre ad elementi populisti di centro e di estrema
destra (Lega Nord), che per ragioni di bottega si sono schierati
contro Renzi e la sua riforma, pur volendo un sistema elettorale
maggioritario e il presidenzialismo, vi erano schierati anche settori
popolari vittime dell’ideologia liberista: dai giovani vittime del
Jobs act, ai meno giovani vittime della legge Fornero, dai comitati
popolari contro le devastazioni ambientali (ricordo che la schiforma
prevedeva, a favore delle grandi opere, la clausola di supremazia,
che avrebbe dato ai governi centrali ancor più potere di devastare
la natura con inutili opere volte solo ad ingrassare i grossi
monopoli privati), ai partigiani che vorrebbero quantomeno si
attuasse la Costituzione del 1948, frutto dei rapporti di forza che
il proletariato impose grazie alla sua lotta al fascismo, fino ai
“sinceri democratici” costituiti da ex presidenti o vice
presidenti della corte costituzionale o eminenti costituzionalisti.
Insomma un fronte assai ampio, ma che indica un netto rifiuto
popolare nei confronti delle istituzioni, e dei loro referenti
economici ed internazionali.
Nei
confroniti di questo sentimento che serpeggia nel popolo, in Italia
come in tutto “l’occidente”, i partiti non sanno dare una
risposta e una proposta adeguate. E’ un sentimento spesso
contradditorio, che ha nel suo seno ragioni contemporaneamente
regressive e progressive, ma che indica, chiara come il sole, la
netta volontà di rottura con l’ideologia liberista. Come
comunisti, in questa fase storica, ci troviamo di fronte ad un bivio:
o stiamo dalla parte del popolo, pur nelle sue contraddizioni, pur
nelle sue ambivalenti forme, o stiamo, come gli intellettualini da
salotto di cui sopra, dalla parte dei poteri forti, degli
sfruttatori, dell’elitè culturali e politiche. Terze vie non sono
date. Neppure sono proponibili vecchie strade, che certa sinistra di
regime sta cominciando a portare avanti, di riunire cocci di partiti
e di coalizioni (di centro sinistra) che tanti danni han fatto in
passato e che non hanno nulla di buono e di nuovo per il futuro.
Certi riferimenti politici, ormai, sono, per
sempre,
disattivati. Se si devono fare errori, se ne facciano di nuovi, e non
sempre gli stessi.
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