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venerdì 9 dicembre 2016

IL VENTO DEL NO DI PACIFICO

Pubblichiamo volentieri l'analisi di Pacifico amico e simpatizzante sul post referendum

ll vento del No
Lobby e potere mediatico non bastano contro il popolo che si organizza
Di Pacifico
Il voto del 4 dicembre ha dato un esito assai positivo, sia pur per niente scontato. Con un’affluenza di quasi il 70% (molto più alto rispetto alle precedenti elezioni), il 59% dei votanti ha rimandato al mittente una controriforma costituzionale di stampo autoritario. Una riforma che, in combinazione con l’Italicum, avrebbe tolto ulteriormente rappresentanza ai cittadini e reso la vita ancor più facile a industriali, finanzieri, lobbisti e alle perfide Alleanza Atlantica (nell’articolo 78 si dava alla maggioranza della sola Camera la possibilità di deliberare lo stato di guerra) e Unione Europea (nella proposta di riforma costituzionale nell’articolo 117 si dava esplicita podestà legislativa all’Unione Europea, sancendo ancor più chiaramente la nostra subordinazione ad un trattato internazionale che ha portato come unico effetto il peggioramento dele condizioni materiali e quotidiani dei settori più deboli della popolazione).
L’epilogo del 4 dicembre non può che essere una boccata d’ossigeno, dopo anni di ripiegamento e riflusso.
Dopo anni, si è rivista una forte mobilitazione popolare (sia pur assai etereogenea) tramite vari comitati cittadini che con impegno e costanza si sono battuti, in maniera capillare, informando e spiegado i rischi di una riforma che ci avrebbe portati indietro di cento anni. Altro che novità! Il compito non era facile per niente, di fronte si aveva il primo partito in Italia in termini di voti (il PD), tutto il potere finanziario e confindustriale (vedere Briatore e Marchionne), i capi delle principali potenze colonizzatrici dell’Italia (con cui la borghesia “nostrana”, dando orgogliasamente sfoggio della propria vigliaccheria, svende, per propri interessi economici di parte, la sovranità nazionale e il benessere del popolo), come il pallido Obama e il panzer Merkel, oltre che una schiera di putridi intellettuali conformisti alla Benigni, Sorrentino, Ozpetek, Favino, Gabriele Salvatores, Paolo Virzì e via vomitando, con la loro aria di finti progressisti, ma autentici e putridi radical chic, che dalle loro case di lusso snobbano e disprezzano il popolo, sempre pronti ad essere servi del potere.
Nel fronte del No, oltre ad elementi populisti di centro e di estrema destra (Lega Nord), che per ragioni di bottega si sono schierati contro Renzi e la sua riforma, pur volendo un sistema elettorale maggioritario e il presidenzialismo, vi erano schierati anche settori popolari vittime dell’ideologia liberista: dai giovani vittime del Jobs act, ai meno giovani vittime della legge Fornero, dai comitati popolari contro le devastazioni ambientali (ricordo che la schiforma prevedeva, a favore delle grandi opere, la clausola di supremazia, che avrebbe dato ai governi centrali ancor più potere di devastare la natura con inutili opere volte solo ad ingrassare i grossi monopoli privati), ai partigiani che vorrebbero quantomeno si attuasse la Costituzione del 1948, frutto dei rapporti di forza che il proletariato impose grazie alla sua lotta al fascismo, fino ai “sinceri democratici” costituiti da ex presidenti o vice presidenti della corte costituzionale o eminenti costituzionalisti. Insomma un fronte assai ampio, ma che indica un netto rifiuto popolare nei confronti delle istituzioni, e dei loro referenti economici ed internazionali.
Nei confroniti di questo sentimento che serpeggia nel popolo, in Italia come in tutto “l’occidente”, i partiti non sanno dare una risposta e una proposta adeguate. E’ un sentimento spesso contradditorio, che ha nel suo seno ragioni contemporaneamente regressive e progressive, ma che indica, chiara come il sole, la netta volontà di rottura con l’ideologia liberista. Come comunisti, in questa fase storica, ci troviamo di fronte ad un bivio: o stiamo dalla parte del popolo, pur nelle sue contraddizioni, pur nelle sue ambivalenti forme, o stiamo, come gli intellettualini da salotto di cui sopra, dalla parte dei poteri forti, degli sfruttatori, dell’elitè culturali e politiche. Terze vie non sono date. Neppure sono proponibili vecchie strade, che certa sinistra di regime sta cominciando a portare avanti, di riunire cocci di partiti e di coalizioni (di centro sinistra) che tanti danni han fatto in passato e che non hanno nulla di buono e di nuovo per il futuro. Certi riferimenti politici, ormai, sono, per sempre, disattivati. Se si devono fare errori, se ne facciano di nuovi, e non sempre gli stessi.



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