Settimana scorsa i cani antidroga all'Istituto Superiore Gadda, riprendiamo e pubblichiamo il comunicato del Comitato per la Scuola Pubblica di Paderno Dugnano.
CONTROLLO ANTIDROGA DELLA POLIZIA AL GADDA DI PADERNO DUGNANO: CHIEDIAMO SERVIZI, CI DANNO REPRESSIONE.
Da un'articolo di cronaca locale apprendiamo di un'ispezione delle forze dell'ordine in alcune classi della Scuola secondaria superiore Itc Gadda di Paderno Dugnano.
Il controllo e'avvenuto come in altri casi con cani addestrati per la
ricerca di sostanze e addirittura si apprende in accordo con la
Dirigenza scolastica di questo istituto.
Non siamo a conoscenza
di fatti, problematiche dell'istituto o sospetti su studenti che abbiano
determinato questa decisione dei vertici dell'istituto e questa
operazione di polizia ne'vengono riferiti, ma, sperando che almeno
qualcosa di grave giustifichi questa visita degli agenti, la prima
domanda che ci sorge spontanea e'se e'possibile che questa Preside non
abbia trovato nessun altro sistema per entrare nel merito del problema
dell'utilizzo di stupefacenti tra i giovani nell'ambito dei rapporti con
i suoi studenti.
Di sicuro si trova in un territorio interessato al discorso droga:
Paderno e'fra le citta'brianzole capitali della ndrangheta legata allo
spaccio e alla corruzione, gli arresti in questo caso non hanno impedito
la costruzione di un impero criminale, per cui,chissa'se in altri
ambienti hanno fatto abbastanza controlli di questo tipo e altrettanto
rigorosi. Per sensibilizzare i giovani, in effetti, perche'non pensare
invece di organizzare delle conferenze per studenti sui legami tra
affari di droga, stato e mafia soprattutto quelli che riguardano i
nostri territori?
Sarebbe interessante sapere il parere di
presidi e genitori (anche in questo caso, quelli del Gadda muti come
pesci..o forse soddisfatti dell'iniziativa chissa') su una simile
proposta.
Bisognerebbe riflettere sul fatto che in questa
societa'che difende il profitto e non mette al centro le persone a tanti
giovani viene tolto tutto, compreso il diritto a curarsi, e il disagio
psichico diventa inevitabile.
Di poche settimane fa e'la vicenda del Polo psichiatrico
dell'ospedale di Bollate, che ha rischiato l'interruzione del servizio di
cura rivolto a ragazze e ragazzi giovanissimi con gravi patologie come
anoressia, bulimia e disturbi di personalita'. Solo la lotta di genitori
combattivi supportati da associazioni ha impedito un ulteriore dramma
per questi ragazzi.
Non solo: a Milano e'diventato un problema
per tanti utenti la chiusura dei Sert dell'Asl a causa della politica di
spending review dell'amministrazione.
I giovani, da cio'si
evince, sono abbandonati dalle istituzioni, i dirigenti delle scuole
dovrebbero ben saperlo, l'abuso di sostanze ha delle motivazioni
cosi'come la diffusione delle droghe, le cause vanno analizzate e questi
sistemi sbrigativi non fanno altro che intossicare l'ambiente
scolastico e non saranno MAI STRUMENTO DI PREVENZIONE, come del resto,
anche molto meglio di noi ha saputo esprimere un insegnante, autore
della bella lettera di seguito.
17 febbraio 2018.
Comitato per la scuola pubblica Paderno Dugnano.
Ogni giorno si verificano nuovi controlli antidroga nelle scuole di tutta Italia.
Una situazione alla quale quasi tutti paiono aver fatto il callo, e
molti anzi la appoggiano senza remore: presidi desiderosi di dare
segnali di legalità, genitori che così si sentono più tranquilli
nell’incrollabile convinzione che quelli col fumo siano sempre i figli
degli altri.
È successo pochi giorni fa anche in un liceo di Siena, ma qui un professore ha preso carta e penna ed ha scritto un articolo (pubblicato
sul sito “Gli Stati Generali”) per argomentare il suo sdegno per i
controlli, un atto di protesta che sta facendo parlare studenti,
genitori e giornalisti, non solo locali. Si chiama Antonio Vigilante, insegna filosofia e scienze umane al Liceo “Piccolomini” di Siena, e il suo scritto lo riportiamo integralmente di seguito, convinti possa essere molto utile per riflettere su un sistema repressivo ormai privo di limiti.
“Le forze dell’ordine hanno fatto irruzione nella mia classe quinta,
mentre stavamo parlando di Martin Heidegger. Irruzione è un termine
forte, ma esatto in questo caso: nessuno ha bussato e chiesto il
permesso. Hanno svolto un controllo antidroga facendo passare tra i
banchi un pastore tedesco, poi sono andati via. A mani vuote, come si
dice.
Non è la prima volta che succede, naturalmente, anche se è la prima
volta che succede a me. È successo, qualche giorno fa, al liceo Virgilio
di Roma, e la cosa è finita sui quotidiani nazionali, perché il
Virgilio è un liceo molto ben frequentato. È successo qualche giorno
prima al Laura Bassi di Bologna, anche lì con molte polemiche.
È successo e succede quotidianamente in decine di istituti tecnici e professionali,
che fanno poco notizia perché non sono così ben frequentati come il
liceo Virgilio di Roma. E due anni fa, a Terni, un docente è stato
sospeso dall’insegnamento per essersi opposto all’ingresso delle forze
dell’ordine in classe.
Quelli che sono favorevoli a queste incursioni ragionano come segue:
spacciare è un reato e il reato è un male che va perseguito; se uno è a
posto, nulla ha da temere. Diamo per buono questo ragionamento, ed
esaminiamone le conseguenze. Se è così, allora è cosa buona e giusta che
le forze dell’ordine facciano irruzione nelle abitazioni private.
Sarebbe un modo efficacissimo per combattere il crimine. Controlli a tappeto, a sorpresa, nelle case di tutti.
Poliziotti, carabinieri, cani antidroga. In qualsiasi momento
aspettatevi che qualcuno bussi alla vostra porta. Che un cane fiuti tra
le vostre cose. Se siete a posto, non avete nulla da temere.
E perché non estendere i controlli anche nei luoghi di culto?
Sì, lo so, molti di voi stanno pensando alle moschee: e la cosa a molti
non dispiacerebbe. Ma io penso alle chiese. Immaginate un’irruzione
delle forze dell’ordine in una chiesa, durante un rito. I cani tra i
banchi che annusano. Cinque minuti e tutto è finito. Se qualcuno ha
della droga, lo si porta via. E amen, come si dice. Non vi piace l’idea?
Perché? Perché nel primo caso si tratta di un luogo privato, nel
secondo caso si tratta di un luogo sacro, direte. E la scuola che luogo è?
Io che vi insegno, la considero al tempo stesso un luogo privato – una
casa – ed un luogo sacro. Il più sacro dei luoghi, perché è quello in
cui si formano gli uomini e le donne di domani.
Ma, direte, la scuola è un luogo dello Stato, ed è bene che le forze
dell’ordine dello Stato controllino un luogo dello Stato. È cosa loro,
per così dire. Bene, concedo anche questo. Ed anche in questo caso,
vediamo le conseguenze. Il Parlamento è un luogo dello Stato. È il luogo
più importante dello Stato. È lo Stato. Che succederebbe se delle forze facessero irruzione in Parlamento con cani antidroga?
Sarebbe una cosa sensatissima, perché in Parlamento si fanno leggi che
riguardano la vita di tutti, ed è assolutamente vitale per la salute
della nostra democrazia ed il futuro dello Stato che chi fa le leggi sia
nel pieno possesso delle sue facoltà mentali. Eppure se succedesse una
cosa del genere, sarebbe un grande scandalo politico.
Perché? Per lesa maestà. Perché è umiliante per un senatore essere
perquisito, annusato. Sospettato di essere un drogato, o peggio uno
spacciatore.
E veniamo al dunque. Quando io vengo a casa tua – perché la scuola è
la casa degli studenti – e ti sottopongo a perquisizione, io ti sto dando diversi messaggi. Il primo è che ti considero una persona poco raccomandabile. Non è una questione personale: può essere che tu sia a posto, ma è poco raccomandabile la categoria cui appartieni.
Il fatto stesso che si facciano controlli antidroga è una conseguenza
dell’infimo status degli adolescenti nella nostra società.
È risaputo che l’alcol fa in Italia diverse migliaia di morti e causa
tragedie terribili. Eppure la vendita di questa sostanza stupefacente
pericolosissima è consentita. Lo Stato consente la vendita di alcolici,
per giunta con il suo monopolio, mentre i Comuni promuovono apertamente
il consumo di vino ed altri alcolici con apposite manifestazioni locali.
Il consumo di alcolici è consentito perché è cosa da adulti. È una abitudine diffusa tra persone perbene, stimabili, con un buono status sociale.
La droga, che fa meno morti dell’alcol, è invece roba da adolescenti,
da ragazzetti, da soggetti con uno status marginale: dei minus
habentes. È significativo che il consumo e lo spaccio di hashish e
marijuana siano perseguiti con molto più zelo del consumo e dello spaccio di cocaina,
una sostanza molto diffusa tra soggetti dotati di uno status anche
considerevole, come professionisti e politici. Non è la sostanza
stupefacente il problema. Se così fosse, l’alcol sarebbe proibito. Il
problema è chi consuma, non cosa consuma.
Il secondo messaggio è che la scuola è un posto in cui non ti puoi sentire come a casa.
Per quanto ti stimi poco, non verrei mai a perquisirti a casa, a meno
che non abbia un mandato. Ma a scuola sì. A scuola ti tengo d’occhio.
Rispondendo alle polemiche dei genitori per i controlli antidroga al
liceo Laura Bassi di Bologna, il procuratore aggiunto Walter Giovannini
ha dichiarato: «trova ancora spazio l’arcaico convincimento ideologico
che l’Università e più in generale gli istituti scolastici godano di una
sorta di extraterritorialità». Nessuna extraterritorialità. Non siete a casa vostra, siete in un posto in cui possiamo entrare e uscire quando vogliamo. Possiamo perquisirvi, possiamo farvi annusare dai nostri cani. Siete sotto il nostro controllo.
Del resto, non sono gli adolescenti di continuo sotto il controllo
dei professori? Non sono di continuo osservati, richiamati, sanzionati
se non si comportano come si deve? Ecco dunque il poliziotto ed il carabiniere che vengono a ribadire il concetto,
nel caso in cui non fosse abbastanza chiaro. La scuola è un luogo in
cui siete controllati e controllabili, perquisiti e perquisibili. Non è
una casa della cultura e dell’educazione, come qualcuno potrebbe dire
retoricamente. Non ha nulla di sacro. È una istituzione che raccoglie – concentra – dei minus habentes, e non è escluso che concentrarli per controllarli sia il suo scopo principale.
È un messaggio rivolto a tutti, ma forse c’è un terzo messaggio
rivolto ad alcuni. Può essere una coincidenza, ma in molte delle
scuole, anzi delle classi perquisite c’erano studenti appartenenti ai
collettivi studenteschi. Se non è solo una coincidenza, allora il terzo
messaggio è questo: vi controlliamo tutti, ma in particolare teniamo
d’occhio voi che fate politica, voi dei collettivi, voi che vi definite comunisti o anarchici; rientrate nei ranghi, che è meglio per voi. E lei, professore, torni pure a parlare di Martin Heidegger. Non è successo niente”.
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