Pubblichiamo la mappa delle trivelle presenti nei nostri mari entro le 12 miglia.
Ieri 13 aprile 2016 un interessante incontro si è svolto alle ore 21.00 c/o Oratorio S.Luigi di Dugnano a cui hanno partecipato un membro del Comitato padernese a favore del SI Loris Brioschi e un cons.regionale del PD Laura Barzaghi .
Riprendiamo cio' che Legaambiente spiega in questo articolo e che ha anche avuto modo di ribattere ieri sera durante il confronto con i sostenitori del NO.
"Il referendum è l’unico rimasto in piedi dei 6 promossi da 10 Regioni
Italiane (poi si è “sfilato” l’Abruzzo) perché il governo, con un
emendamento alla legge di Stabilità 2016 (che modifica il decreto
legislativo 152/2006) ha vietato tutte le nuove attività entro le 12
miglia marine, ma ha mantenuto i titoli già rilasciati prevedendo che
essi possano rimanere vigenti “fino a vita utile del giacimento”.
Restano quindi in piedi le richieste di prospezione e trivellazione
oltre le 12 miglia – come quella enorme a nord-ovest della Sardegna – e
potrebbero tornare a galla altre richieste avanzate negli anni passati.
Probabilmente è per questo che il governo ha voluto testardamente
tenere in piedi una “porta aperta” per le trivellazioni e che il fronte
del No al referendum punta all’astensionismo, oscillando tra “il
Referendum non serve a nulla perchè si tratta di risorse scarse” e “il
Referendum sarà una catastrofe economica ed energetica per l’Italia”.
Tornando al quesito referendario del 17 aprile, Legambiente spiega
che «La legge in materia prevedeva che le concessioni di coltivazione
avessero una durata trentennale (prorogabile attraverso apposita
richiesta per periodi di ulteriori 5 o 10 anni) e i permessi di ricerca
una durata di 6 anni (con massimo due proroghe consentite di 3 anni
ciascuna); con questa modifica alla legge di Stabilità i titoli già
rilasciati entro le 12 miglia dalla costa (e soltanto questi) non hanno
più scadenza. Tutti gli altri titoli rilasciati (quelli cioè oltre le 12
miglia marine), possono avere durata di 30 anni nel caso di concessione
di coltivazione e di 6 anni nel caso di permessi di ricerca, in base a un
altro emendamento del governo alla legge di Stabilità 2016 (che
modifica il comma 5 dell’articolo 38 del Decreto Sblocca Italia)».
Il dossier ambientalista sottolinea che «Queste piattaforme, soggette
a referendum, oggi producono il 27% del totale del gas e il 9% del
greggio estratti in Italia (il petrolio viene estratto nell’ambito di 4
concessioni dislocate tra Adriatico centrale – di fronte a Marche e
Abruzzo – e nel Canale di Sicilia). La loro produzione nel 2015 è stata
di 542.881 tonnellate di petrolio e 1,84 miliardi di Smc (Standar metri
cubi) di gas. I consumi di petrolio in Italia nel 2014 sono stati di
circa 57,3 milioni di tep (ovvero milioni di tonnellate).
Quindi l’incidenza della produzione delle piattaforme a mare entro le 12
miglia è stata di meno dell’1% rispetto al fabbisogno nazionale
(0,95%). Per il gas, i consumi nel 2014 sono stati di 50,7 milioni di
tep corrispondenti a 62 miliardi di Smc; l’incidenza della produzione di
gas dalle piattaforme entro le 12 miglia è stata del 3% del fabbisogno
nazionale».
L’attuale normativa fa salvi tutti i titoli abilitativi già
rilasciati e ancora vigenti, quindi rientrano in questa categoria anche i
permessi di ricerca presenti nell’area entro le 12 miglia marine.
«Sono nove, per un’estensione di 2.488 kmq – spiega Legambiente –
Quattro si trovano nell’alto Adriatico (3 sono attualmente sospesi in
attesa di apposito decreto VIA che certifichi la non sussistenza di
rischi apprezzabili di subsidenza; 1 risulta attivo con scadenza nel
2018); altri 2 permessi di ricerca ricadono nell’Adriatico centrale di
fronte alle coste abruzzesi e sono momentaneamente sospesi; un permesso
di ricerca si trova nella porzione meridionale della Sicilia, tra
Pachino e Pozzallo, ed è attualmente sospeso; un altro permesso ricade
di fronte la costa di Sibari e la data di scadenza è nel 2020; l’ultimo
permesso ricade a largo dell’isola di Pantelleria ed è sospeso per
problemi tecnici».
Gli ambientalisti sottolineano che «I dati forniti dall’Ufficio
minerario per gli idrocarburi e le georisorse del Ministero delle
Sviluppo Economico, e da Assomineraria, stimano riserve certe sotto i
fondali italiani che sarebbero sufficienti (nel caso dovessimo contare
solo su di esse) a soddisfare il fabbisogno di petrolio per sole 7
settimane e quello di gas per appena 6 mesi»."
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