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giovedì 7 novembre 2019

Centesimo Anniversario della Rivoluzione D'Ottobre

di Maurizio Acerbo
Intervento del segretario nazionale di Rifondazione Comunista – Sinistra Europea al meeting internazionale per il centenario della Rivoluzione d’Ottobre tenutosi a San Pietroburgo il 2-3 novembre 2017.
Cari compagni del Partito Comunista della Federazione Russa vi ringrazio a nome delle compagne e dei compagni del Partito della Rifondazione Comunista per l’invito, l’ospitalità e la perfetta organizzazione con cui ci avete accolto nella città che un tempo portava il nome di Lenin.
Con grande emozione intervengo in una sala e in un edificio (il Palazzo di Tauride) che furono teatro di avvenimenti fondamentali nel corso della rivoluzione russa e in cui in storici momenti prese la parola Lenin.
Siamo qui riuniti per celebrare il centesimo anniversario di una rivoluzione che secondo il grande storico Eric Hobsbawm ha avuto un impatto più profondo e vasto della stessa rivoluzione francese durante un secolo che è stato “il più rivoluzionario della storia”. Dovremmo accostarci a questa lunga vicenda storica con lo stesso spirito con cui Marx e Engels studiarono per tutta la vita proprio la rivoluzione francese, con la stessa profondità con cui Antonio Gramsci rinchiuso nelle carceri fasciste rifletteva sulla sconfitta della rivoluzione d’Occidente dopo aver profetizzato nel 1926 in una lettera al comitato centrale del partito comunista russo le conseguenze drammatiche della spaccatura del suo gruppo dirigente. Come ci hanno insegnato Marx e lo stesso Lenin non dobbiamo nasconderci problemi, difficoltà, errori, contraddizioni. Dobbiamo imparare dalle vittorie e dalle sconfitte.
Comprendere i processi storici è fondamentale per rinnovare la teoria e la pratica.
Come in altre epoche di restaurazione l’ideologia e la propaganda dominanti – che sono quelle delle classi dominanti come insegnava Marx – demonizzano la rivoluzione come il male assoluto. Non solo cercano di occultare le grandi conquiste dei movimenti socialisti e comunisti, ma a leggere le loro ricostruzioni sembra che la violenza sia stata introdotta nella storia dai rivoluzionari in un mondo in cui regnavano pace, giustizia e armonia.
Presentano gli ideali socialisti e comunisti in quanto tali come portatori di guerra e repressione. Noi sappiamo che non è questa la verità storica, che la rivoluzione russa fu un prodotto della guerra mondiale scatenata dalle potenze imperialiste e di ingiustizie secolari divenute inaccettabili. I bolscevichi dovettero lottare contro nemici feroci appoggiati dalle potenze capitalistiche. Il contesto storico segnò i caratteri della rivoluzione ed è troppo facile esprimere giudizi a posteriori. Se i bolscevichi si affermarono rispetto ai loro concorrenti degli altri partiti socialisti fu perché riuscirono a interpretare e a dare voce ai bisogni e alle aspirazioni di enormi masse di soldati, operai, contadini. I bolscevichi seppero imparare dall’esperienza pratica delle masse, individuando le parole d’ordine e il programma capace di mobilitarle e indirizzarle. Se in Ottobre non avessero rovesciato il governo provvisorio non sta scritto da nessuna parte che la rivoluzione avrebbe avuto uno sviluppo pacifico e democratico. Assai più verosimile che qualche generale zarista reazionario l’avrebbe schiacciata.
Il crollo dei regimi socialisti dell’Europa orientale e la disintegrazione dell’URSS non cancellano il valore storico della Rivoluzione del 1917 ne’ giustificano l’annuncio della fine o della morte del comunismo che tra il 1989 e il 1991 è diventato il ritornello ripetuto dalle classi dominanti e dai loro mass media.
Da comunisti democratici e libertari non possiamo che rendere omaggio alle donne e agli uomini che furono protagonisti di un evento e di un processo rivoluzionario che fecero tremare le classi dominanti e ispirarono la lotta di liberazione di milioni di oppressi in tutto il mondo.
La spinta della Rivoluzione d’Ottobre e la sfida rappresentata dall’esistenza dell’URSS costrinsero le classi dominanti capitalistiche progressivamente ad accettare il suffragio universale, lo sviluppo della democrazia, dello stato sociale e il riconoscimento dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.
Il riferimento all’Ottobre fu fondamentale per l’antifascismo e la Resistenza antinazista che portarono dopo il 1945 all’approvazione di costituzioni democratiche assai avanzate come in Italia.
E come dimenticare che la rivoluzione diede il via alle lotte che posero fine al colonialismo e resero inaccettabile il razzismo? La rivoluzione russa diceva ai popoli colonizzati che la loro rivolta non era condannata inevitabilmente alla sconfitta. Come non rendere omaggio a una rivoluzione che sancì l‘eguaglianza tra i sessi, mise in discussione la sottomissione delle donne, legalizzò il divorzio e l’aborto, abolì le leggi contro gli omosessuali, le discriminazioni contro gli ebrei, proclamò il diritto all’autodeterminazione dei popoli?
Nel celebrare l’Ottobre non rimuoviamo le tragedie, le contraddizioni e il carattere autoritario che progressivamente assunse l’esperienza della costruzione del socialismo. Lenin in «Stato e rivoluzione» scriveva che lo «è un potere che sta al di sopra della società e che si estranea sempre più dalla società»,  Marx insegnava che «l’emancipazione dei lavoratori deve essere opera dei lavoratori stessi». Quella matrice radicalmente democratica che animava lo slogan «tutto il potere ai soviet” dovette fare i conti con le difficoltà sovrumane che la rivoluzione dovette superare dentro la guerra civile. La stessa evoluzione verso un sistema a partito unico derivò dalla situazione che si era determinata con la rottura con gli altri partiti socialisti in una situazione di eccezionale emergenza più che da una scelta ideologica predefinita.
Il nesso democrazia-socialismo è per noi essenziale per ricostruire un progetto di trasformazione nel XXI secolo.
Come disse Enrico Berlinguer in uno storico discorso in occasione del sessantesimo anniversario della rivoluzione d’Ottobre: «l’esperienza compiuta ci ha portato alla conclusione che la democrazia è oggi il valore universale sul quale fondare un’originale società socialista”.
Il compagno Chavez citava le lettere dell’anarchico Kropotkin a Lenin in cui consigliava di dare più spazio all’autogoverno.
Si trattava delle riflessioni di militanti e dirigenti che certo sentivano fortemente il legame con la Rivoluzione d’Ottobre e intendevano portarne avanti gli ideali.
In queste giornate sentiamo il dovere di rendere omaggio alla memoria dei tanti comunisti protagonisti dell’Ottobre che furono assassinati durante il periodo del terrore staliniano.
Ma non dimentichiamo le terribili condizioni storiche in cui si sviluppò un esperimento rivoluzionario senza precedenti, le enormi realizzazioni, la modernizzazione di cui è stato capace in una società arretrata e assediata. Di fronte all‘orrenda carneficina che aveva causato 18 milioni di morti nella prima guerra mondiale Lenin e i suoi compagni guidarono un’insurrezione vittoriosa e un rivolgimento sociale senza precedenti. L‘ordine sociale capitalista, imperialista, militarista, oscurantista, patriarcale, colonialista e razzista che i bolscevichi sfidarono era responsabile di crimini, miserie e ingiustizie disumane che nessun Libro Nero oggi ricorda ed elenca.
Contro un senso comune reazionario che vuole imporre un capitalismo predatorio come unico mondo possibile, difendiamo la grandezza di una rivoluzione che intendeva porre fine a guerra, miseria e sfruttamento.
Oggi le contraddizioni del capitalismo continuano a essere enormi.
In un mondo in cui il capitalismo globale suscita come un apprendista stregone guerre, fondamentalismi religiosi, nazionalismi, razzismo non possiamo che considerare attualissima la rivoluzione che adottò nel 1918 l’Internazionale come inno della Repubblica dei Soviet.
Viva la Rivoluzione d’Ottobre!


Viva il comunismo futuro!