A questo proposito riportiamo la riflessione di Alan Hart del 18 gennaio 2016.
"Da diversi anni mi sono chiesto, a volte su piattaforme pubbliche e per iscritto, se la Palestina è una causa persa. Sono giunto alla conclusione che come stanno le cose è e rimarrà così a meno che i palestinesi, quelli occupati e oppressi e quelli della diaspora, uniscano la loro azione politica, al fine di dare alla loro causa nuova vita con qualche reale speranza di giustizia finalmente.A mio avviso, l'indicatore più significativo del fallimento politico e dell’irrilevanza della dirigenza messa in campo dall'Autorità Palestinese (PA) è stata la recente dichiarazione del suo presidente, Mahmoud Abbas, che tocca alla comunità internazionale giungere ad una pacifica risoluzione del conflitto.
La realtà che Abbas sceglie di ignorare è
che come stanno le cose non vi è assolutamente alcun motivo per credere che le
potenze occidentali guidate dagli americani (o qualsiasi altro) potranno mai fare uso
della loro influenza per cercare di indurre Israele a porre fine al suo
disprezzo del diritto internazionale e al diniego di giustizia per i
Palestinesi.
I governi occidentali (e altri) e i loro
diplomatici continuano a perorare a parole la soluzione a due stati, ma sanno
che è morta, uccisa dalla colonizzazione israeliana in corso della Cisgiordania
occupata, che, come ho già detto, è un processo meglio descritto come pulizia
etnica lentamente e di nascosto.
Nella mia analisi, le realtà sopra
riassunte invitano a una sola conclusione. Solo i Palestinesi possono cambiare
le dinamiche del conflitto in un modo che potrebbe generare una pressione reale
per l'azione da parte dei governi della comunità internazionale.
Quali azioni? Intimare a Israele che se
non finisce il suo disprezzo del diritto internazionale e la negazione della
giustizia per i palestinesi, sarà isolato e sanzionato. (Si Io lo so, i governi
non seguiranno questa strada se non sono spinti dall'opinione pubblica, ma
cambiando le dinamiche del conflitto si potrebbe fornire la comprensione
necessaria per motivare un numero sempre maggiore di cittadini a fare
pressione).
Cambiare la dinamica richiede per
cominciare la dissoluzione dell’Autorità Palestinese e riconsegnare a Israele
la responsabilità completa e piena dell'occupazione.
Questo implicherebbe una significativa
sicurezza e altri oneri finanziari su Israele. La sua risposta sarebbe
indubbiamente una repressione più brutale di tutti i tipi, ma questo potrebbe
essere a beneficio dei palestinesi, perché il vero volto del sionismo sarebbe
esposto, completamente nudo da vedere, come mai prima d'ora per tutto il mondo.
E questo a sua volta potrebbe portare a una montante pressione pubblica
sulle potenze occidentali guidate dagli americani, forse ad un certo punto una
pressione sufficiente per indurli a dire a Israele, " troppo è troppo",
e metterlo sull'avviso che sarà isolato e sanzionato, se non finisce il suo
disprezzo del diritto internazionale e il diniego di giustizia per i
Palestinesi.
Lo scioglimento dell’Autorità Palestinese
potrebbe aprire la porta a ricostruire le istituzioni del movimento
nazionale palestinese, sulla base dell’unità che, per definizione,
significherebbe la fine della divisione per fazioni e del tribalismo politico.
A livello superiore, e per consentire ai palestinesi di determinare la politica
e parlare al potere con una sola voce credibile, questo a mio avviso, sarebbe
necessario portare il Consiglio Nazionale Palestinese (PNC) a nuova vita
rinfrescato e rinvigorito da elezioni in ogni paese in cui vivono i
palestinesi.
Anche se ci sono abbastanza palestinesi
nella diaspora che sarebbero disposti a impegnarsi per realizzarle, le elezioni
nuove e rinvigorimento del PNC richiederebbero tempo.
Così, dopo lo scioglimento della A.P. e la
consegna a Israele della responsabilità completa e piena dell’occupazione,
quale sarebbe la strategia di resistenza più efficace da adottare per
gli occupati e oppressi palestinesi?
La loro incredibile costanza, quasi
sovrumana, di rimanere al loro posto è la prova che la politica del sionismo di
rendere la loro vita un inferno, nella speranza che se ne andranno a
vivere altrove non è riuscita fino ad oggi ed è improbabile che possa mai
avere successo. Ma questo non basta. La fermezza dei palestinesi occupati e
oppressi ha bisogno di essere rafforzata da pacifiche e assolutamente
dimostrazioni non violente, preferibilmente su base giornaliera, in tutto la
Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza assediata, chiedendo la pace con
la sicurezza e la parità di diritti politici, civili e umani di ogni
genere per tutti. Questa sarebbe in effetti una campagna per uno stato per
tutti.
Le dimostrazioni di resistenza dovrebbero
essere tranquille, assolutamente non violente, perché un aumento della violenza
palestinese farebbe il gioco di quegli ebrei israeliani, dirigenti e altri, che
sarebbero favorevoli ad un pretesto per una fase finale di pulizia etnica.
In teoria i diritti politici, civili e
umani uguali per tutti in uno stato porterebbero nel tempo fino al de-sionizzazione
della Palestina; e non è irragionevole supporre che i capi di Israele non
permetteranno che ciò accada.
In quella luce, e nonostante quello che ho
scritto sopra, la domanda che dobbiamo porci è questa.
Anche se i palestinesi unificano il loro
agire politico nel modo che ho suggerito, c'è qualche motivo per sperare
davvero che ci possa essere in futuro una quantità accettabile di giustizia di
cui essi possano godere?
A mio parere questa è una domanda a cui
solo gli ebrei di Israele possono rispondere.
Se i palestinesi rimangono fermi e
unificano il loro agire politico per mantenere la loro causa viva,
porteranno al giorno in cui gli ebrei di Israele dovranno affrontare la
questione del tipo di futuro che vogliono.
Vogliono vivere in un odioso stato di
apartheid che deve ricorrere a sempre più brutali misure per mantenere il suo dominio
sui palestinesi, con il reale pericolo che le misure sempre più brutali
trasformeranno la marea globale di israelismo in antisemitismo, impostando
la fase quasi prossima all’Olocausto II (il mio modo di riassumere
un’altra grande ripetizione contro gli ebrei in tutto il mondo); oppure,
vogliono la pace e la sicurezza in uno stato di diritti politici, civili e
umani uguali per tutti - anche se ciò significherebbe la fine del sionismo come
impresa coloniale? Se mettendo insieme il loro agire politico
nel modo che ho suggerito i palestinesi possono indurre gli ebrei di
Israele a fare questa scelta, ci sarà qualche speranza (forse non molto, ma un
po') per una soluzione pacifica del conflitto.
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