Oggi 10 febbraio giornata in ricordo degli infoibati.
Tiziana Pesce figlia del comandante Giovanni e di Nori Brambilla, oggi sulla sua pagina facebook riportava la riflessione di Alessandra Kersevan ricercatrice e storica: "" Come ho spiegato, commemorare i morti nelle foibe significa
sostanzialmente commemorare rastrellatori fascisti e collaborazionisti
del nazismo. Per gli altri morti, quelli vittime di rese dei conti o
vendette personali, c'è il 2 di novembre."
A questo proposito ricordiamo anche la revoca da parte del comune di Gorizia per un evento che avrebbe dovuto svolgersi proprio in data odierna con la partecipazione di Alessandra Kersevan intitolato 11 anni di giorno del ricordo- tra mistificazione storiche e rivalutazione del fascismo.
A questo proposito riproponiamo l'intervista rilasciata dalla storica Kersevan qualche tempo fa che rivela quanto il revisionismo storico abbia manipolato la verità.
A Trieste la storia non comincia il 1° maggio 1945…
Sì,
Sembra un'osservazione banale, eppure di fronte a tante cose che sono
state scritte in questi anni sulle vicende del confine orientale occorre
chiarire e ricordare che il fascismo in questa regione è stato più
violento che in qualsiasi altra parte d'Italia: sloveni e croati, oltre
cinquecentomila persone che abitavano le terre annesse dallo stato
italiano dopo la prima guerra mondiale furono oggetto di persecuzioni
razziali e ogni tipo di angherie: divieto di usare la loro lingua,
chiusura delle scuole, delle associazioni ed enti economici sloveni e
croati, arresto degli oppositori, esecuzioni di condanne a morte decise
dal Tribunale Speciale. Con l'aggressione nazifascista alla Jugoslavia,
nel 1941, la nostra regione divenne avamposto della guerra e le
persecuzioni contro sloveni e croati, anche cittadini italiani,
divennero ancora più gravi: interi paesi furono deportati nei campi di
concentramento come Arbe/Rab, oggi in Croazia, ma allora annessa
all'Italia dopo l'aggressione alla Jugoslavia, Gonars in provincia di
Udine, Renicci di Anghiari in provincia di Arezzo, Chiesanuova di
Padova, Monigo di Treviso, Fraschette di Alatri in provincia di
Frosinone, Colfiorito in Umbria, Cairo Montenotte in provincia di Savona
e decine e decine di altri, praticamente in tutte le regioni d'Italia.
Fra 7 e 11 mila persone, donne, uomini, bambini, intere famiglie,
morirono in questi campi, di fame e malattie. A Trieste nel 1942 fu
istituito per la repressione della resistenza partigiana l'Ispettorato
Speciale di Polizia per la Venezia Giulia, che si macchiò di efferati
delitti contro gli antifascisti in genere, ma soprattutto contro sloveni
e croati
.Da chi è stato inaugurato l'uso delle foibe?
Ci sono
testimonianze autorevoli (per esempio dell'ispettore di polizia De
Giorgi, colui che nel dopoguerra fu incaricato dei recuperi dalle foibe)
che furono proprio uomini dell'Ispettorato speciale, in particolare
quelli della squadra politica, la cosiddetta banda Collotti, a gettare
negli "anfratti del Carso" degli arrestati che morivano sotto tortura.
Che funzione aveva la Banda Colotti?
La banda
Collotti era la squadra politica dell'Ispettorato speciale guidata
appunto dal commissario Gaetano Collotti. Con la sua squadra batteva il
Carso triestino per reprimere la resistenza che già nel '42 era iniziata
in queste zone. Si macchiarono di efferati delitti, torturando e
uccidendo centinaia di persone. Come Resistenzastorica stiamo
pubblicando con la casa editrice Kappa Vu la ricerca di Claudia Cernigoi
sulla banda Collotti.
Definiamo le foibe. Chi ci è finito dentro? Donne? Bambini?
Quanti in tutto? Perché c'è così grande attenzioni su queste esecuzioni,
mentre in altre zone ce ne furono in numero assai maggiore?
Nelle
foibe non sono finite donne e bambini, i profili di coloro che
risultano infoibati sono quasi tutti di adulti compromessi con il
fascismo, per quanto riguarda le foibe istriane del '43, e con
l'occupatore tedesco per quanto riguarda il '45. I casi di alcune donne
infoibate sono legati a fatti particolari, vendette personali, che non
possono essere attribuiti al movimento di liberazione. Questo diventa
evidente quando si vanno ad analizzare i documenti, cosa che purtroppo
la gran parte degli "storici" in questi anni non ha fatto,
accontentandosi di riprendere i temi e le argomentazioni della
propaganda neofascista. Va detto inoltre che i numeri non sono
assolutamente quelli della propaganda di questi anni: è ormai assodato
che in Istria nel '43 le persone uccise nel corso della insurrezione
successiva all'8 settembre sono fra le 250 e le 500, la gran parte
uccise al momento della rioccupazione del territorio da parte dei
nazifascisti; nel '45 le persone scomparse, sono meno di cinquecento a
Trieste e meno di mille a Gorizia, alcuni fucilati ma la gran parte
morti di malattia in campo di concentramentoin Jugoslavia. Uso il termine "scomparsi", ma purtroppo è invalso l'uso
di definire infoibati tutti i morti per mano partigiana. In realtà nel
'45 le persone "infoibate" furono alcune decine, e per queste morti ci
furono nei mesi successivi dei processi e delle condanne, da cui
risultava che si era trattato in genere di vendette personali nei
confronti di spie o ritenute tali. C'è poi l'episodio della foiba
Plutone, da cui furono estratti 18 corpi, in cui gli "infoibatori" erano
appartenenti alla Decima Mas e criminali comuni infiltrati fra i
partigiani, e furono arrestati e processati dagli stessi jugoslavi. La grande attenzione a questi fatti è funzionale alla criminalizzazione
della resistenza jugoslava che fu la più grande resistenza europea. Di
riflesso si criminalizza tutta la resistenza, e si è aperto il varco per
criminalizzare anche quella italiana, come sta dimostrando ora Pansa
con i suoi libri.Gli studiosi delle foibe. Chi sono?
Sono di svariati
generi. Quelli che noi chiamiamo un po' ironicamente i "foibologi" sono
tutti esponenti della destra più estrema, alcuni, come Luigi Papo hanno
fatto addirittura parte della milizia fascista in Istria, di coloro
cioè che collaborarono con i nazisti nella repressione della resistenza.
Altri, più giovani, come Marco Pirina, sono stati esponenti di
organizzazioni neofasciste negli anni della strategia della tensione
(lui per esempio risulta coinvolto nel golpe Borghese). Poi c'è il
filone degli storici che facevano riferimento al CLN triestino
(organizzazione non collegata con il CLNAI) che fu il massimo
organizzatore dell'"operazione foibe" a Trieste nel dopoguerra. Mentre
può essere abbastanza facile capire le manipolazioni della
"storiografia" fascista, è molto più difficile difendersi dalle
manipolazioni della storiografia ciellenista, perché questi hanno
un'aura di antifascismo che fa prendere per buone tutte le cose che
scrivono. In realtà leggendo i loro libri ti accorgi che sono citazioni
di citazioni da altri libri (spesso memorie di fascisti) non sottoposte a
verifica. Il problema è che su tutta questa questione delle foibe ha
pesato nel dopoguerra il clima della guerra fredda: voglio ricordare che
un importantissimo documento di fonte alleata agli inizi del '46
diceva: sospendiamo, non avendo trovato nulla di interessante, le
ricerche nel pozzo della miniera di Basovizza, ma perché gli Jugoslavi
non possano dire che è stata tutta propaganda contro di loro, diremo che
lo abbiamo fatto per mancanza di mezzi tecnici adeguati. Ha pesato e
pesa inoltre molto la questione dei confini, e il sentimento delle
"terre ingiustamente perdute", che anche se con toni un po' diversi,
coinvolge anche gli storici che fanno riferimento politicamente al
centro sinistra. Ci sono però anche tantissimi storici seri. Per "seri"
intendo quelli che non si accontentano di quello che è già stato
scritto, ma che cercano nuova documentazione, la analizzano, la
confrontano con quanto è già stato pubblicato e inseriscono gli
avvenimenti nel contesto in cui sono avvenuti. Questo è il metodo
storiografico che tutti dovrebbero usare, ma, sembrerà incredibile,
nella questione della foibe e dell'esodo anche storici accademici e
"blasonati" si sono lasciati andare a metodi da propagandisti più che da
storici, preferendo le citazioni di citazioni di citazioni, piuttosto
che la fatica della ricerca.
Le leggende sulle foibe.
Ho già spiegato che le
biografie della gran parte degli uccisi sono di persone coinvolte a
vario titolo nel regime fascista prima e nell'occupazione nazista poi.
Come ben mette in luce Claudia Cernigoi nel suo libro, in una città come
Trieste il collaborazionismo interessò tantissime categorie di persone,
e molti di quelli che vengono definiti "civili" erano in realtà e
collaborazionisti, delatori di professione, spioni di quartiere che
denunciavano gli ebrei. Per esempio ai rastrellamenti sul Carso con la
banda Collotti partecipavano anche persone che non erano ufficialmente
appartenenti alla questura. Come gruppo di Resistenzastorica abbiamo
condotto una ricerca sulla vicenda di Graziano Udovisi, conosciuto come
"l'unico ad essere uscito vivo dalla foiba" e presentato come una
vittima "solo perché italiano". Da questa ricerca è emerso, oltre alla
assoluta falsità del suo racconto, che egli dal '43 al '45 era stato
tenente della Milizia Difesa Territoriale, in un gruppo dal nome
significativo di "Mazza di Ferro", specificamente preposto alla
repressione della guerriglia, e che nel '46 fu condannato per crimini di
guerra a 2 anni e 11 mesi di reclusione. Eppure nel 2005 Graziano
Udovisi è diventato "uomo dell'anno", premiato con l'Oscar della Rai per
una sua intervista a Minoli, che lo ha presentato come uno che è stato
"infoibato" "solo perché italiano.
Che cosa andrebbe fatto per restituire dignità alla memoria storica del paese?
Per
quanto riguarda la dignità del paese, credo che l'unica cosa da fare
sia smettere quella convinzione nazionale che gli italiani siano sempre
stati "brava gente", che dovunque sono andati hanno portato la civiltà,
anche quando bruciavano i villaggi della Croazia, o impiccavano i
ribelli libici.
Nessun commento:
Posta un commento