Fra le tanti voci che si sono alzate chi contro , chi pro- intervento Vittorio Agnoletto regala come sempre una grande lezione si stupefacente umanità e lucida interpretazione di alcuni episodi.
Lo riproponiamo poichè crediamo sia importante e perchè no anche un grande esempio da seguire.
“Siamo in guerra”
hanno titolato molti media, mostrando grande stupore; un annuncio che
sembra annunciare una realtà a noi profondamente lontana. Ma se
riusciamo a prenderci qualche minuto di riflessione, ci rendiamo conto
di quanto quei titoli alla fine non comunichino altro che un dato di
fatto, qualcosa che ormai da anni è oggettivamente una realtà.
La Francia, ma anche
molti altri Paesi europei, sono in guerra ormai da anni, da quando hanno
partecipato alle guerre in Afghanistan, in Iraq, in Libia, in Siria,
in Mali …… senza per altro aver mai formalmente dichiarato lo stato di
guerra. Non sono videogiochi, sono guerre a tutti gli effetti, fatte
con soldati, con armi di ogni genere, con bombe e droni che bombardano e
uccidono. Come tutti i conflitti moderni il maggior numero di vittime
sono tra i civili, tra persone innocenti che erano sedute a banchetti
nuziali, tra bambini che giocavano all’aria aperta o tra feriti
ricoverati in ospedale, giusto per ricordare solo alcuni degli ultimi
“effetti collaterali”. L’occidente è in guerra, solo che pensava di
potere condurre questi conflitti senza che i propri cittadini nemmeno se
ne accorgessero. La guerra ci sarebbe stata, ma solo a casa del nemico,
nulla avrebbe interrotto la vita quotidiana di noi europei.
E’ acclarato che le
ragioni vere dell’interesse occidentale per l’Afghanistan, l’Iraq, la
Libia, la Siria ecc. siano il petrolio, il gas, gli oleodotti, i
gasdotti, il controllo delle vie di comunicazione.. Se l’esportazione
della democrazia fosse al primo posto, avremmo vista da tempo i droni
attaccare l’Arabia Saudita. E’anche facilmente verificabile che in
nessuno tra i Paesi coinvolti nelle guerre la democrazia sia subentrata
alle precedenti dittature. Papa Francesco nel settembre 2013 aveva
invitato tutto il mondo ad una veglia per convincere i leader a
rinunciare alla guerra in Siria, ma non ottenne alcun risultato.
Gli effetti di tali
scelte sono sotto gli occhi di tutti: condizioni di vita disastrose per
le popolazioni, aumento della povertà, crollo dell’istruzione e
dell’assistenza sanitaria, aumento vertiginoso dei morti da un lato,
rafforzamento dell’integralismo islamico grazie alle armi destinate
dagli alleati a chi avrebbe dovuto combattere i dittatori in nome della
democrazia e grazie al sostegno fornito da Arabia Saudita, Emirati e
Turchia, tutti fedeli alleati dell’Occidente. Il minimo che si può dire è
che gli strateghi USA, e le leadership politiche e militari europee,
abbiano sbagliato i propri conti. Se invece l’obiettivo era il controllo
delle risorse energetiche, l’aumento dei profitti dell’industria
bellica (grande supporter di politici su ambedue le sponde
dell’Atlantico) e l’avanzare sullo scacchiere politico nel confronto con
la Cina e la Russia allora il bilancio è certamente diverso. Basta
essere chiari sulle ragioni delle guerre.
Cosa possiamo fare a
questo punto ? Non credo ci siano soluzioni facili e comunque io non ne
ho. Mi limito a dire cosa dovremmo evitare di fare.
Evitiamo di
partecipare ad altre guerre, diamoci da fare perché non si avveri il
desiderio di Renzi dell’Italia a capo di un’alleanza militare in Libia,
rafforzeremmo ulteriormente i gruppi integralisti nelle loro campagne di
reclutamento contro gli infedeli, diventeremmo ancor più un bersaglio
da colpire, spenderemmo risorse oggi molto più utili alla sanità, al
lavoro e alla scuola. Chiediamo invece che le intellingence facciano il loro lavoro e che siano sostituiti coloro che non hanno dimostrato di esserneall’altezza.
Evitiamo di seguire Le
Pen, Salvini e compagnia nelle loro crociate contro tutti gli immigrati
e gli islamici: dal razzismo non può nascere che ulteriore violenza.
Favoriamo l’integrazione ed evitiamo la formazione di ghetti, come le banlieue parigine;
l’isolamento e la marginalità sono il terreno preferito dai reclutatori
del terrore. La sconfitta dell’ISIS è ovviamente una priorità assoluta.
Questi assassini devono essere fermati. Per fare questo almeno seguiamo
una regola base di tutte le guerre: isolare il nemico, “togliere ai
pesci l’acqua dove stanno nuotando”. Ciò significa innanzitutto ripetere
all’infinito che Islam e ISIS non sono la stessa cosa, in questo modo
evitiamo di regalare un miliardo di persone all’ISIS. Questo
ragionamento di buon senso non si può pretendere da un Salvini che per
un voto è disposto a tutto, ma è legittimo richiederlo a tutti i mezzi
d’informazione, per evitare un disastro.
Inoltre sarebbe
corretto ricordarsi che in questo momento sul campo di battaglia tra i
più acerrimi nemici dell’ISIS ci sono i pasdaran iraniani, gli
hezbollah libanesi e i guerriglieri curdi, tutte realtà islamiche, tutti
gruppi che dai governi occidentali spesso sono state considerati
terroristi. Ma sono loro che ogni giorno sfidano l’ISIS sul campo.
Il mio non è buonismo come qualche ipocrita direbbe, ma verità e realismo necessari per battere gli assassini."
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