Oggi è il compleanno di Stefano Rodotà,83 anni portati benissimo un coro di auguri a cui ci uniamo come circolo padernese PRC Casaletti.
Immancabilmente quando si nomina Rodotà viene in mente la Costituzione, argomentazione che ultimamente ci vede particolarmente coinvolti.
Riportiamo alcuni passi dell'articolo scritto dallo stesso costituzionalista apparso su La Repubblica il giorno 1 maggio 2016
"Si può dire, ed è stato detto, che un
governo, se attribuisce una particolare importanza ad alcuni suoi
provvedimenti, ben può ritenere che la loro cancellazione impedisca la
prosecuzione della sua azione, annunciando preventivamente ai cittadini
questa sua intenzione. Ma questo referendum non riguarda l’ indirizzo
politico di maggioranza bensì, come è giusto dire, una massiccia
riscrittura delle regole del gioco, con una modifica della forma di
governo e del contesto democratico definito dalla Costituzione. Lo ha
messo in evidenza efficacemente Romano Prodi, ricordando che «le riforme
costituzionali debbono durare molto e non possono essere mirate solo
all’ interesse di chi possiede la maggioranza del momento». Il
riferimento ai soli interessi della maggioranza è, alla lettera, quello
che si trova nelle pagine di Hans Kelsen dedicate alla virtù fondativa
del «compromesso », dove si sottolinea che esso «fa parte della natura
stessa della democrazia » e consiste, in primo luogo, nel risolvere «un
conflitto mediante una norma che non è totalmente conforme agli
interessi di una parte, né totalmente contraria agli interessi dell’
altra». Chi ha memoria della nostra storia costituzionale, cosa ben
diversa dai troppi richiami sgangherati ai lavori dell’ Assemblea
costituente fatti in questo periodo, ricorda che di un “compromesso
costituzionale” si è molto parlato, anche con toni critici, ma in
definitiva riconoscendo la saggezza politica dei costituenti che,
attraverso un confronto serrato, erano giunti a sintesi assai elevate,
garantendo l’ alta qualità della Costituzione.
Si dice che bisogna discutere nel merito
la riforma sottoposta al voto. Ma non vi è merito più importante e
ineludibile della valutazione della logica che la ha guidata e di quale
risultato, in termini di democrazia, sia stato raggiunto. È bene
ricordare, allora, che nel corso dell’ iter parlamentare, e in
particolare in occasione delle audizioni di molti studiosi, proprio sul
punto centrale della nuova disciplina del Senato vi erano state proposte
assai circostanziate di modelli che avrebbero evitato non solo il
pasticcio attuale, ma avrebbero consentito una soluzione davvero innovativa, con effetti di seria semplificazione e
mantenimento di equilibri costituzionali che, soprattutto se si tiene
conto dell’ intreccio con la nuova legge elettorale, vengono invece
pregiudicati. Il buon “compromesso democratico” è lontano, e di questo
si dovrà discutere.Ma il riferimento alla democrazia torna, in maniera ancor più impegnativa, quando si constata che siamo di fronte al passaggio da una democrazia rappresentativa ad una democrazia d’ investitura, dunque ad un mutamento della forma di governo. Ancora una ineludibile questione di merito, se appena si considera che la sentenza della Corte costituzionale che ha cancellato il “Porcellum” è sostanzialmente fondata sulla constatazione che non veniva garantita proprio la rappresentanza dei cittadini. E questo non è tema che riguarda il passato, perché la Corte costituzionale dovrà occuparsi della legittimità dell’ Italicum, contestata con argomenti che sottolineano come anche questa nuova legge elettorale sia viziata da un deficit di rappresentanza (e contro l’ Italicum si stanno anche raccogliendo le firme per un referendum abrogativo).
Vero è che ad ottobre non si voterà
sulla legge elettorale. Ma è evidente che la discussione investirà anche
questo aspetto della strategia istituzionale del governo, come peraltro
sta già avvenendo, perché la stessa riforma costituzionale evoca il
tema del potere dei cittadini con le nuove norme sui referendum e sulla
iniziativa legislativa popolare, in sé deboli e comunque inadeguate per
costituire un contrappeso ad un accentramento del potere che mette la
maggioranza nella condizione di poter vanificare le iniziative popolari
(altra cosa è la democrazia partecipativa considerata anche nella
dimensione digitale). Giustificato con l’ argomento della
semplificazione delle procedure di decisione (realizzata invece in forme
confuse e contraddittorie), il moto ascendente del potere, la sua
concentrazione in poche mani pongono chiaramente una questione di
democrazia, già evidente in alcune inquietanti prassi dell’ attuale
governo, o per meglio dire del presidente del Consiglio. Il giudizio
degli elettori riguarderà inevitabilmente tutti questi aspetti della
questione, che oggi si presenta con i tratti di una democrazia messa
sotto tutela.
Diventa fondamentale, allora, il
contesto nel quale si svolgerà la campagna elettorale. Uno storico come
Emilio Gentile ha appena pubblicato un libro dal titolo “Il capo e la
folla”, che riprende un tema trattato nel 1895 da Gustave Le Bon,
analizzando “la psicologia delle folle”. La ricostruzione dei rapporti
tra il leader e le masse, la personalizzazione del potere ci portano ai
giorni nostri, che conoscono il pieno dispiegarsi di quella che Abramo
Lincoln chiamò la “democrazia recitativa”. Varrà la pena di tornare su
questo tema. Ma, considerando la campagna elettorale, bisognerà
garantire subito che la “recita” non sia riservata ad un numero
ristretto di personaggi. Questo chiama in causa particolarmente la
televisione pubblica, ma implica una responsabilità dell’ intero sistema
informativo. Una questione di democrazia, che si aggiunge alle altre
appena ricordate."
Stefano Rodotà
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