Fra una decina di giorni ci sarà la sentenza nel nuovo processo d’appello ordinato dalla Cassazione per i cinque medici che hanno avuto in cura Stefano Cucchi, il geometra arrestato il 15 ottobre 2009 perché in possesso di sostanza stupefacente e morto una settimana dopo nell’ospedale Pertini di Roma. Ieri, ultime arringhe difensive davanti alla III Corte d’assise d’appello; il 18 luglio eventuali repliche del Pg e della parte civile, e la camera di consiglio che porterà alla sentenza. Il Pg ha chiesto di ribaltare la sentenza assolutoria di tutti gli imputati e condannare per omicidio colposo i sanitari. «Manca del tutto la prova o è comunque incerta riguardo il profilo della colpa – ha detto l’avvocato di uno degli imputati – Mai c’è stata l’insorgenza di una situazione di rischio per la vita e la salute del paziente. Il caso era difficile perché il paziente era difficile. Alla base della condanna c’è un giudizio approssimativo. Che tipo di colpa viene contestata ai medici? Essenzialmente una colpa per imperizia. Ma i medici non sono onnipotenti, la medicina non è una scienza esatta».
Ilaria Cucchi, la sorella della vittima, si è sfogata invece così su
Facebook: «Qui si dice che Stefano è morto nelle stesse condizioni
fisiche che aveva al momento del ricovero, e non si fa ovviamente alcun
riferimento al fatto che questo sia stato determinato da un
violentissimo pestaggio, tra pochi giorni a Bari si dirà sicuramente che
non vi è stato alcun violentissimo pestaggio, che non vi è stata alcuna
frattura della colonna vertebrale e che Stefano è morto semplicemente
perché è dimagrito. Posso solo dire che è dura. È molto dura. Talvolta
viene veramente voglia di arrendersi»
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