Pubblichiamo volentieri la riflessione di Vittorio Agnoletto apparsa ieri sul suo blog. Oggi è il 20 luglio un ricordo di quell'indimenticabile giornata che ha segnato la storia di tanti, di tutti noi .
Si
torna a Genova, a 14 anni dal G8, e si pensa alla Grecia, luogo
simbolo del collasso di un sistema che aggredisce con ferocia chi
lo contesta e lo punge nei suoi punti più delicati, il deficit di
democrazia e la sottomissione alle priorità della finanza
speculativa internazionale.
C’è
un filo che lega Genova 2001 con Atene 2015: quanto avvenuto in
Grecia è una perfetta rappresentazione dei peggiori scenari
analizzati e denunciati dal movimento dei movimenti nei Forum di
Porto Alegre e durante le giornate del G8.
Alexis
Tsipras e il governo di Syriza stanno sperimentando sulla propria
pelle, non soltanto la prepotenza del governo Merkel e la miopia
della Commissione europea, quanto il dominio della finanza
speculativa, che non risponde delle proprie azioni ad alcuno stato
e, anzi, sottomette ai propri interessi i governi nazionali, spesso
costruiti a propria immagine e somiglianza, come abbiamo
sperimentato anche in Italia.Oggi, rispetto al 2001, dobbiamo
aggiornare le cifre di questo dominio e dire — con i dati del Credit
Suisse — che l’8,7 per cento (non più il 10 per cento) della
popolazione mondiale controlla l’82 per cento delle ricchezze del
pianeta; e più precisamente che quell’8,7 per cento di popolazione
esprime il potere di qualche centinaio di fondi finanziari e di
multinazionali che controllano il ciclo vitale dell’umanità.
La
storia è piena di ironia e di passaggi emblematici che ci aiutano
a comprendere la parabola greca. Alexis Tsipras e i suoi
compagni nel 2001 furono fra i primi a sperimentare la durezza
della repressione, quando furono fermati e aggrediti brutalmente
dalla polizia italiana nel porto di Ancona: era un assaggio di quanto
sarebbe avvenuto nei giorni seguenti.
Oggi
il governo di Syriza, con la dura sconfitta subita nei giorni scorsi
a Bruxelles, paga il proprio isolamento, la debolezza politica di
movimenti sociali e politici che in Europa non sono stati in grado di
contrastare il pericolo che bene era stato individuato nel 2001 al
Forum di Porto Alegre.
Questa
sorte tocca proprio a Syriza, un partito-movimento che ha nel proprio
genoma, primo in Europa, lo spirito antiliberista
e internazionalista tipico dei Social Forum, avendo compreso fin
dalla sua nascita che nel XXI secolo ogni prospettiva di giustizia
sociale e di libertà deve avere un respiro internazionalista.
Atene
ha perso perché si è trovata sola, perciò siamo di fronte ha una
sconfitta che colpisce il cuore dell’Europa e ci riguarda tutti. Si
è aperta una fase storica drammatica, simile ad altre vissute nel
nostro continente nel secolo scorso, paragonabile alla sconfitta
subìta nella guerra civile spagnola. Stavolta non siamo stati capaci
di organizzare brigate internazionali di sostegno alla Grecia,
forse perché non c’era un nemico visibile da combattere né terre da
difendere. Ma la posta in gioco è la stessa: la libertà e la
democrazia in Europa.
In
questi anni abbiamo combattuto in Italia un’altra battaglia, una
battaglia di verità e di giustizia, dopo le violazioni dei diritti
umani compiute nel 2001. Ne siamo usciti con alcune sconfitte (il
mancato processo per l’omicidio di Carlo, le condanne pesantissime
inflitte a un pugno di manifestanti, usati come capro espiatorio)
e abbiamo ottenuto anche dei successi, con la ricostruzione di
verità incontrovertibili su quanto avvenuto alla Diaz e a
Bolzaneto e sentenze di condanna, sia pure mitigate dalla
prescrizione, che non hanno precedenti nella nostra storia
giudiziaria.
Eppure
anche su questo fronte è in corso la rivincita di un sistema
repressivo sganciato ormai da qualunque controllo democratico
e strettamente connesso al potere esecutivo.
La
vicenda della legge sulla tortura è emblematica. A fronte della
clamorosa sentenza pronunciata contro l’Italia dalla Corte
europea per i diritti umani, abbiamo assistito a un ulteriore
arretramento della cultura democratica, incapace di condurre una
battaglia civile in campo aperto e succube del «partito della
polizia», al punto di approvare due diverse ipotesi di legge, una
(alla Camera) a dir poco minimalista e scritta in modo da non
disturbare forze dell’ordine che si ritengono al di sopra di
qualunque dettato legislativo, la seconda (in commissione al
Senato all’unanimità!) addirittura paradossale, poiché di fatto
legittima la tortura, purché non «reiterata».
È
quindi in corso un’offensiva che somma la ferocia del capitale
finanziario a norme e prassi da democrazia autoritaria (vedi la
legge sulla sicurezza approvata in Spagna), mentre si gioca fra
Atene e il resto d’Europa una partita decisiva per il futuro del
continente. «Oggi in Spagna, domani in Italia» era il motto di Carlo
Rosselli ormai 80 anni fa.
Forse,
dovremmo ripensare Genova e guardare ad Atene imparando la lezione
di questi anni, sperando di poter dire con serietà, senza
velleitarismi, «Oggi in Grecia, domani in Europa».
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